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14/07/2025 18:00:00

"Il Fratino capro espiatorio del mancato dragaggio del porto di Mazara del Vallo?"

In relazione a quanto recentemente pubblicato da alcune testate giornalistiche, in particolare alle dichiarazioni rilasciate dal Sindaco di Mazara del Vallo a proposito del fratino – piccolo uccello costiero protetto a livello nazionale e comunitario – e del presunto ruolo “ostacolante” che tale specie avrebbe nei confronti del dragaggio del porto-canale mazarese, interviene il natulastica Enzo Sciabica dell'associaizone Pro Capo Feto con una sua riflessione che qui riportiamo integralmente.

 

Negli ultimi giorni, alcune testate giornalistiche nazionali – tra cui il Corriere della Sera – hanno dato risalto a un’importante iniziativa promossa da tre Comuni calabresi per la tutela del fratino (Charadrius alexandrinus), un piccolo uccello tipico degli ambienti costieri e simbolo di biodiversità delle spiagge ben conservate. Un tempo comune anche lungo le coste siciliane, questo piccolo caradride è oggi in pericolo a causa di una lunga serie di pressioni antropiche che hanno devastato il suo habitat naturale.

Fino agli anni ’70, il fratino era una presenza relativamente diffusa lungo i litorali sabbiosi e lagunari della Sicilia sud-occidentale. La sua scomparsa progressiva è dipesa in gran parte dall’espansione delle concessioni demaniali a fini turistici, dalla pulizia meccanica e continua delle spiagge (che distrugge i nidi), dall’abusivismo edilizio costiero, e dalla cementificazione di interi tratti di costa, privando la specie di spazi vitali per la nidificazione.

Eppure, in alcune aree come la palude di Capo Feto e la Laguna di Tonnarella a Mazara del Vallo, sopravvivono ancora oggi habitat umidi e naturali che rappresentano gli ultimi baluardi per la conservazione di questo uccello. Due luoghi rimasti relativamente intatti, ma continuamente sotto attacco da interessi speculativi e da una scarsa sensibilità politica e amministrativa.

 

A Mazara del Vallo, le amministrazioni comunali che si sono succedute negli anni hanno mostrato, salvo rare eccezioni, una preoccupante mancanza di visione in materia di tutela ambientale. Mentre in altre regioni d’Italia si pianificano interventi per rendere le spiagge compatibili con la presenza della fauna selvatica, qui si punta spesso al contrario: colmare, distruggere, costruire.

Negli anni ’70, si è perfino pensato di colmare l’intera area di Capo Feto, oggi riconosciuta come zona di valore naturalistico e protetta. Solo grazie all’intervento della Regione Siciliana nel 1977, quel progetto fu bloccato. Allo stesso modo, nei primi anni ’80 si tentò di interrare la cosiddetta Colmata B, nel cuore della Laguna di Tonnarella, con la scusa di “miglioramenti urbanistici”. Fu soltanto grazie all’opposizione di esperti, come l’ISPRA e la IV Commissione comunale per l’ambiente presieduta allora dal dott. Vincenzo Pecunia, che si riuscì a salvare almeno parte di quell’ecosistema lagunare.

Oggi, a distanza di decenni, il ritorno del fratino in queste aree dovrebbe essere un segnale positivo. Dovrebbe essere letto come il sintomo che la natura, se lasciata respirare, è ancora capace di resistere. E invece, per qualcuno, diventa il perfetto capro espiatorio per giustificare il mancato dragaggio del porto canale.

 

È di questi giorni la polemica secondo cui il ritorno del fratino starebbe impedendo l’avvio del dragaggio del porto di Mazara del Vallo. Una ricostruzione parziale e fuorviante, che rischia di diventare l’ennesimo alibi per mascherare ritardi amministrativi e tecnici. Come scrivevo tempo fa, non si può continuare a dare la colpa agli ambientalisti per il mancato sviluppo, quando i progetti sono fermi da anni per problemi legati alla gestione dei fanghi e all’indecisione politica.

Non si tratta di scegliere tra la pesca e la tutela del fratino. Si tratta, semmai, di pianificare uno sviluppo sostenibile, che tenga conto sia delle esigenze economiche della marineria mazarese – da anni penalizzata da un porto non dragato – sia di quelle ambientali. La tutela del fratino non può essere l’unico ostacolo menzionato, quando sono note da anni proposte alternative per lo smaltimento dei fanghi (come quelle del prof. Ennio Marsella del CNR di Napoli, o dell’ex governatore Musumeci nel 2018), che non sono mai state realmente prese in considerazione.

 

Personalmente, non sono tra coloro che idolatrano il singolo animale come simbolo assoluto. Non sono un “salvatore del mondo”. Ma so che la tutela della biodiversità non può prescindere dalla tutela dei territori nel loro complesso. Come scriveva nel 1976 un noto zoologo dell’Università degli Studi di Milano, le campagne “pro lupo” o “pro foca monaca”, se isolate da un contesto più ampio, rischiano di diventare strumenti di sottocultura ambientalista. Ma questo non significa rinunciare alla difesa del patrimonio naturale.

Dare la colpa al fratino per la mancata operatività del porto non solo è scorretto, ma rischia di alimentare una pericolosa guerra tra poveri: tra pescatori esasperati e ambientalisti preoccupati. Quando invece dovrebbe essere chiaro a tutti che la priorità è risanare il fiume Mazaro, garantire la sicurezza idrogeologica, trovare soluzioni tecniche e condivise per lo smaltimento dei sedimenti, e allo stesso tempo rispettare le direttive europee sulla protezione della fauna selvatica.

In conclusione, il fratino non è un ostacolo, ma un indicatore. Indica che, nonostante tutto, un pezzo di natura sta ancora cercando di sopravvivere in una terra troppo spesso dimentica di se stessa.

 

Enzo Sciabica
Naturalista – Associazione Pro Capo Feto