Cristina Ciminnisi, siamo alla vigilia dell’arrivo in ARS della manovra ter, intanto c’è il caos di intercettazioni e i vari “casi”. La posizione del M5S?
La posizione del Movimento 5 Stelle è chiara: non si può discutere serenamente di una manovra economica mentre le istituzioni sono travolte da scandali che mettono in discussione la stessa legittimità del potere regionale. Pur nel doveroso rispetto del lavoro della magistratura e del sacrosanto principio di non colpevolezza sancito dalla nostra Costituzione, non si può rimanere silenti di fronte a un sistema che travolge il partito della Presidente Meloni e, a cascata, del Presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana, dell’Assessore Amata e che sostiene il Governo Regionale. E’ appena il caso di ricordare che le indagini che stanno travolgendo Fratelli d’Italia nascono da denunce fatte proprio dal M5S, e in particolare dal mio collega Luigi Sunseri, a partire dai casi Cannes e See Sicily, con l’obiettivo di riportare trasparenza e responsabilità nella gestione dei fondi in un settore strategico per la nostra isola, che è quello del Turismo, da due legislature nelle mani di Fratelli d’Italia. Ogni giorno emergono nuovi dettagli, nuove intercettazioni, nuove conferme di un sistema che si autoalimenta e che si è ormai sganciato da qualsiasi logica di rappresentanza o responsabilità politica, da Roma alla Sicilia. Eppure, dallo stesso Presidente Schifani, non una parola su una vicenda che sembra essere solo il punto di emersione di un sottobosco politico-amministrativo privo di trasparenza e controlli reali. Come si può pensare di affrontare la manovra estiva in un clima cosi opaco? Con quale credibilità l’istituzione parlamentare può legiferare?
Il sistema delle mance è stato denunciato più volte per una questione di opportunità politica, ma è anche l’unico strumento che consente ai deputati di “dare risposte” ai territori. Non si rischia, eliminandolo, di paralizzare tutto?
Il problema non è tanto il rischio di paralisi, quanto la perpetuazione di un sistema che ha dimostrato di essere inefficiente, opaco e, in molti casi, strumentale. Le cosiddette “mance” – ovvero le risorse distribuite in modo discrezionale ai singoli deputati – sono diventate negli anni un meccanismo clientelare, utilizzato spesso per costruire consenso locale, più che per rispondere a reali bisogni territoriali. Soprattutto per i deputati di maggioranza che, avendone ampia disponibilità, si sono persino permessi il lusso di finanziare associazioni vicine al partito. Talvolta, per i deputati di opposizione, diventano paradossalmente l’unico modo per “riequilibrare” un sistema in cui i cittadini dei Comuni non amministrati da sindaci amici del Governo rischierebbero di essere penalizzati rispetto a quelli amministrati dal centrodestra. E’ uno strumento che alimenta distorsioni e personalismi, perché non tutti i deputati ne fanno uso con coscienza, responsabilità e anteponendo i bisogni reali della collettività. Il Movimento 5 Stelle ha proposto una riforma strutturale di questo meccanismo, per sostituire le mance con un fondo trasparente, con criteri oggettivi, accessibile agli enti locali sulla base di progettualità reali e verificabili. Solo così si può uscire da una logica emergenziale e arbitraria per passare a una vera politica di investimento e riequilibrio territoriale.
Crisi idrica e soluzioni tampone, bastano i dissalatori?
Il governo Schifani continua a vendere illusioni. I tre dissalatori di Trapani, Gela e Porto Empedocle sono stati presentati come la svolta, con un investimento che supera i 100 milioni di euro. Siamo in piena estata e la verità è che la portata idrica complessiva di 600 litri al secondo sbandierata dal Governo è ben lontana dall’essere disponibile nell’immediato e, soprattutto, sarebbe “una goccia” rispetto al fabbisogno reale ed effettivo della Regione. E intanto i siciliani devono fare i conti con rubinetti a secco, agricoltura in affanno e un’emergenza che si ripete ogni anno, sempre peggio. Tutti dubbi che avevo sollevato già lo scorso anno e che purtroppo hanno trovato riscontro. Il dissalatore non può diventare l’alibi per nascondere il fallimento di una strategia complessiva assente. Serve un piano vero, che includa la manutenzione delle dighe, il riefficientamento della rete idrica – che attualmente disperde metà della risorsa idrica - e il riuso delle acque reflue in agricoltura. E serve subito. Perché la sete dei siciliani non aspetta le conferenze stampa di Palazzo d’Orléans.
Lei è stata molto critica con la rete ospedaliera, sostiene che Trapani abbia perso posti letto in favore di Marsala, ma andando a spulciare la pianta in totale a Marsala ci sono 199 posti letto, a Trapani quasi 300. In più vanta 18 posti letto di semi intensiva. Non si rischia così di fare confusione tra i cittadini?
Prendetela come una provocazione: sarà certamente un caso che, nella riorganizzazione dei posti letto, a farla da padrone siano gli ospedali delle città in cui vivono i pezzi grossi dei partiti di Governo: vale per Paternò, Acireale, Caltanissetta, e ovviamente Marsala. Oltre le battute, però, mentre i parlamentari si affannano a marcare il territorio e a potenziare le strutture sanitarie delle proprie aree, non si intravede la visione organica, la strategia di una rete ospedaliera che non è in grado di garantire un diritto alla salute omogeneo e dignitoso in tutta la Sicilia. Dire che Trapani ha "quasi 300 posti letto" e quindi non può lamentarsi è una semplificazione, che può perfino essere usata strumentalmente. Il problema non è la quantità assoluta di posti letto, ma la loro distribuzione per specialità, la qualità dei servizi offerti e il rischio di depotenziamento di alcuni ospedali strategici a vantaggio di altri, a prescindere dai tempi di percorrenza e dai reali fabbisogni. Se questa rete ospedaliera produce una sanità a due velocità — una per Palermo e Catania, un’altra per le province come Trapani — allora non è una rete: è una ragnatela che strangola. Il Piano dovrà comunque passare in Commissione Salute ed è lì che faremo le barricate e capiremo fino a che punto l’Assessora Faraoni è disposta a lavorare davvero per una sanità pubblica uguale per tutti e slegata dai desiderata dei deputati di maggioranza.
C’è una questione morale all’ARS e in politica?
Sì, c’è una questione morale all’ARS e in politica. E non riguarda solo l’ultima vicenda che ha coinvolto il presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana, ma un’intera cultura politica che troppo spesso ha confuso il potere con il privilegio, la rappresentanza con la gestione privata delle risorse pubbliche.
Quando le istituzioni tollerano comportamenti ambigui, pratiche opache o gestione discrezionale delle risorse, non siamo semplicemente di fronte a un problema tecnico o amministrativo: siamo dentro una crisi etica. La moralità in politica non si misura solo con i codici penali, ma con la capacità di rispondere al mandato ricevuto con trasparenza, equità e spirito di servizio.
I recenti fatti non fanno che confermare un sistema che ha smarrito il senso del limite. Se la fiducia dei cittadini è ai minimi storici, è anche perché il confine tra ciò che è lecito e ciò che è giusto è stato costantemente spostato più in là, fino quasi a scomparire. E quando chi dovrebbe dare l’esempio si trincera dietro formalismi o silenzi strategici, il danno non è solo d’immagine: è sostanziale.
Non si tratta di moralismo, ma di responsabilità. Di capire che ogni scelta politica, ogni atto amministrativo, ogni parola pronunciata da chi ha un ruolo pubblico ha un peso che va ben oltre il singolo episodio.
Rinunciare a fare chiarezza, a chiedere coerenza, a pretendere trasparenza significa accettare una politica che non cambia mai, che si rigenera solo nei nomi, ma non nei comportamenti. E questa è la vera emergenza morale.
L’onorevole La Vardera ha anticipato che presenterà la mozione di sfiducia, si accoderà anche il M5S?
La decisione dell’onorevole La Vardera di presentare una mozione di sfiducia è certamente legittima e comprensibile alla luce della gravità della situazione, ma un’azione di censura di un singolo deputato, anche se fondata su motivazioni condivisibili, rischia di perdere forza e significato se non nasce da una linea comune tra i gruppi di opposizione. Condivisione che è stata cercata solo a posteriori, con una fuga in avanti che ha tutto il sapore di una strategia di comunicazione autoreferenziale. La sua eventuale carica mediatica o populistica non basta a compensare l’assenza di un coordinamento politico che ne garantisca la coerenza e l’efficacia. In altre parole, non è la singola dichiarazione a fare la differenza, ma la capacità di costruire una posizione unitaria che possa avere un impatto concreto nei processi istituzionali e reggere alla forza dei numeri che, di fatto, a Sala d’Ercole non ci sono e ci vedono in nettissima minoranza. Per questo, la reputo una trovata mediatica efficace ma che mancherebbe clamorosamente l’obiettivo politico, con la sola conseguenza di dare al governatore Schifani l’occasione di mostrarsi solido, forte del sostegno dei suoi, e con una compattezza (seppur contingente) della maggioranza intorno alla sua figura.