Va avanti in Sicilia l'iter procedurale per la realizzazione dei due termovalorizzatori. Come sappiamo sono sette le offerte pervenute per la progettazione e la direzione dei lavori dei termovalorizzatori.. Il bando, dal valore complessivo di 44 milioni di euro, prevede 22 milioni per la progettazione degli impianti e 22,4 milioni per la direzione dei lavori.
E' al lavoo la commissione esaminatrice composta da esperti selezionati dalla Regione Siciliana e da Invitalia, soggetto attuatore scelto per la gestione della procedura. È previsto inoltre un protocollo di vigilanza collaborativa con l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) per monitorare trasparenza e legalità.
Il progetto prevede la realizzazione di due impianti: uno a Palermo e uno a Catania. Per quest’ultimo è già stata individuata un’area a circa sei chilometri dal centro cittadino. La Regione ha assicurato che saranno impianti tecnologicamente avanzati e a basso impatto ambientale, precisando che le emissioni saranno “vicine allo zero”.
Investimento da 800 milioni
I due impianti sono finanziati attraverso il Fondo di Sviluppo e Coesione, con un investimento stimato in 800 milioni di euro. Secondo i dati tecnici forniti dalla Regione, i termovalorizzatori potranno trattare 600.000 tonnellate di rifiuti l’anno e produrre energia per circa 50 megawatt.
L’inizio dei lavori è previsto per settembre 2026, con una durata di circa 18 mesi e l’entrata in funzione stimata per marzo 2028.
Tuttavia, non mancano i dubbi e le critiche, in particolare da parte delle opposizioni e di alcune associazioni ambientaliste, che considerano i termovalorizzatori una soluzione parziale, utile solo allo smaltimento dei rifiuti indifferenziati, e non risolutiva rispetto alla scarsa raccolta differenziata o all’assenza di una rete di impianti diversificata.
Differenziata sotto la media nazionale. Sicilia penultima in Italia
Secondo il dossier Legambiente 2024, la raccolta differenziata in Sicilia è ancora molto bassa: 16,5% a Palermo, 36% a Catania, con una media regionale del 55,2%, inferiore alla media nazionale. Solo la Calabria ha risultati peggiori. Queste percentuali comportano l’invio di una grande quantità di rifiuti all’estero per essere inceneriti, a costi elevati.
20 milioni dalla Regione per 200 comuni
La Regione Siciliana ha recentemente stanziato 20 milioni di euro per aiutare circa 200 comuni costretti a spedire i propri rifiuti fuori dall’Italia, a causa della saturazione e dei problemi giudiziari legati alla discarica di Lentini, in provincia di Siracusa.
Quello dei finanziamenti straordinari non è un episodio isolato: già nel settembre 2023 erano stati erogati altri 20 milioni, cifra che copriva sei mesi di gestione. Nell’estate 2024, la Regione aveva stanziato 50 milioni. Per garantire continuità al servizio, serviranno ulteriori risorse nel prossimo futuro, almeno altri 20 milioni, per evitare un aggravio delle tasse sui rifiuti a carico dei cittadini.
I fondi regionali coprono i cosiddetti extra costi sostenuti dai comuni per inviare i rifiuti all’estero, principalmente in Danimarca, ma anche in Olanda, Spagna e Finlandia. Il costo per tonnellata si aggira oggi attorno ai 380 euro, tra trasporto e incenerimento. Prima della crisi, smaltire una tonnellata di rifiuti a Lentini costava circa 200 euro.
Il contributo regionale è calcolato in 120 euro per tonnellata prodotta e si basa su dati dell’Osservatorio regionale dei rifiuti. A ciò si aggiunge un meccanismo premiale:
- nessun incentivo per i comuni sotto il 30% di raccolta differenziata,
- +10% di fondi per chi è tra il 30% e il 60%,
- +20% per chi supera il 60%.
Lentini: il simbolo della fragilità del sistema siciliano
Il caso più emblematico della crisi rifiuti siciliana è la discarica di Lentini, che riceve rifiuti da buona parte dell’area orientale della regione. La società che la gestisce, Sicula Trasporti, è stata commissariata nel 2020 dopo un'inchiesta della Procura di Catania che ha portato all’arresto del fondatore Antonino Leonardi e di altri otto soggetti. Le condanne, arrivate nel luglio 2024, hanno confermato accuse gravi: associazione per delinquere, frode, corruzione e reati ambientali.
Nel frattempo, la gestione dell’impianto è diventata instabile: nel giugno 2023 il TMB (Trattamento Meccanico Biologico) è stato chiuso per diversi giorni, causando gravi ritardi nella raccolta. Lo stesso è avvenuto nel febbraio 2024, con nuovi blocchi che hanno generato disagi in decine di comuni.
La Sicilia non ha al momento termovalorizzatori e le discariche attive sono insufficienti per trattare il volume dei rifiuti prodotti. Negli ultimi cinque anni, l’isola ha affrontato la chiusura temporanea di più impianti, sia per ragioni tecniche che giudiziarie. In assenza di alternative, l’esportazione dei rifiuti è diventata una prassi costosa e insostenibile.
I termovalorizzatori, se e quando entreranno in funzione, non potranno da soli risolvere la crisi strutturale del sistema rifiuti siciliano. Per molti osservatori sarà necessario un piano integrato, che preveda anche: potenziamento della raccolta differenziata, investimenti in impianti per l’organico, centri di selezione e recupero materiali,
- campagne educative rivolte ai cittadini.
Transizione ancora da costruire
La costruzione dei termovalorizzatori di Palermo e Catania rappresenta, secondo la Regione, una parte della soluzione. Ma il dibattito è ancora aperto. Le opposizioni e numerose associazioni ambientaliste sostengono che la strategia dovrebbe prioritariamente concentrarsi sulla riduzione dei rifiuti e sulla differenziazione dei materiali, evitando di rendere strutturale il ricorso all’incenerimento. Nel frattempo, le amministrazioni locali e la Regione si trovano a gestire un equilibrio delicato tra emergenza e transizione, con costi crescenti e soluzioni strutturali ancora in costruzione.