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31/07/2025 06:00:00

Messina Denaro. La sorella, il latitante e il mistero di quella conversazione "impossibile"

 “Che nessuno lo tocchi! Lasciatelo stare ... Più danno può fare! Di più... per dieci volte…”

A Parlare è Patrizia Messina Denaro, sorella del boss di Castelvetrano arrestato nel 2023 dopo trent’anni di latitanza e morto di tumore nello stesso anno.

La persona che nessuno deve toccare è Giuseppe Grigoli, l’ex re dei supermercati che in quel momento si trovava in carcere per essere stato socio in affari con Matteo Messina Denaro.

 

Siamo nel 2013, quando la sorella Patrizia, prima di essere arrestata, va a trovare in carcere il marito Vincenzo Panicola.

Quest’ultimo ha bisogno di sapere se è vero che le cose che Grigoli sta dicendo ai magistrati siano state autorizzate dal latitante, visto che nell’ambiente carcerario c’è un gruppo di detenuti che sarebbe disponibile a dargli una sonora lezione (“Legnate buone, pisciato, sputato, cacato ... tu basta che lo dici, qua lo fanno”).

Insomma, Panicola chiede alla moglie di accertare presso il vertice come stiano davvero le cose. Glielo chiede il 24 aprile del 2013 e la risposta arriva il 3 maggio successivo. No, il boss non ha autorizzato nulla, però è contrario all’azione punitiva.

Le visite in carcere sono registrate, ma nessuno saprà mai come il boss e la sorella si siano parlati in meno di dieci giorni. Eppure era stato dato per scontato che il sistema di comunicazioni di Messina Denaro fosse un lento e articolato passaggio di pizzini da una persona all’altra, in modo da non rischiare di essere beccato.

 

Questo invece è stato un record, in cui molto probabilmente i due si sono perfino incontrati. Sì, perché Patrizia racconta al marito in carcere i dettagli della conversazione: “Ha detto ‘digli ad Enzo  che si mette con lui’… Gli ho detto: senti qua, con tutta la buona volontà, ... non esagerare”. Insomma, oltre ad evitare qualunque pestaggio, il boss avrebbe voluto che Panicola e Grigoli condividessero la stessa cella. Ma a tutto c’è un limite. Ed è la stessa patrizia a dire al fratello Matteo di non esagerare.

 

Ha detto… gli ho detto… Altro che pizzini!

Chissà se anche nel 2013 il boss viveva a Campobello di Mazara. Difficile dirlo. In ogni caso, quello era uno dei tanti periodi in cui la cittadina era piena di poliziotti, cimici, telecamere, pedinatori… Ma del capomafia, niente, nessuna notizia.

Non succede nulla nemmeno quando, settimane prima del suo arresto, ogni sabato alle 11 va a salutare l’amante Laura Bonafede che ha la casa monitorata da una telecamera degli inquirenti. Nessuno decide di mettergli qualcuno alle calcagna e capire chi è sto tizio che settimanalmente parla con la sospettata. O magari lo fanno, ma senza esito. Proprio come quei dieci giorni nel 2013, quando conversò tranquillamente con la sorella.

 

In tanti si sono chiesti se sarà lei (la sorella prediletta) a raccogliere il testimone del fratello. Oppure sarà Francesco Guttadauro (nipote prediletto), figlio dell’altra sorella, prossimo alla scarcerazione.

Non ci sono invece ipotesi su chi siano stati i fiancheggiatori “prediletti” e non ci si può certo aspettare che a fare i loro nomi siano proprio i parenti di Messina Denaro. Saranno un gradino più su rispetto ai Bonafede e ai Luppino, magari qualche colletto bianco o grosso imprenditore locale, ma chissà ancora quante rampe più giù rispetto alle coperture istituzionali e massoniche di cui si è sempre parlato.

 

Che copertura di alto livello potrebbe essere uno come “Parmigiano”, questo il suo nome in codice trovato nei pizzini, debitore di 40 mila euro nei confronti del boss?

E soprattutto, di cosa si potrebbe occupare adesso Patrizia Messina Denaro in città, se davvero prendesse il posto del fratello? Delle aziende edili dei parenti, ormai chiuse?

Si occuperà di estorsioni, visto che l’estorsione era uno dei reati per i quali era stata arrestata nel 2013? No, perché quel caso ha riguardato una sola estorsione, per altro nell’ambito delle sue parentele e in riferimento ad un’eredità. E poi perché a Castelvetrano non c’è il racket delle estorsioni, quello dei negozi. Messina Denaro ha sempre lasciato tranquilli i negozianti che, anzi, a taccuino chiuso hanno spesso manifestato il timore che, una volta arrestato Matteo, potesse arrivare qualcun altro a chiedere soldi.

 

Cosa rimane allora?  Niente di che: la sorella dell’ex boss di Castelvetrano che ritorna a casa dopo aver scontato 12 anni di carcere. E il commento sui social del solito gruppetto che le dedica frasi di bentornato. Oltre all’altro piccolo gruppetto che se la prende con lo Stato italiano  perché al posto di scarcerarla avrebbe dovuto buttar via la chiave (come se non avesse pagato il suo debito con la giustizia). Ecco, in mancanza d’altro, questa sparutissima minoranza, su qualche giornale si trasforma nella “città che si spacca”, nella “polemica che scoppia”, scomodando Libera, l’arciprete, il sindaco… Come se qualche decina di casi potesse rappresentare il sentire di 30 mila persone. Come se fosse una notizia.

La cosa triste è invece che la notizia, quella vera sulle coperture di alto livello, non c’è. E chissà quando arriverà.

 

Egidio Morici