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11/08/2025 06:00:00

Mafia, le stragi del 92 - 93: la ricerca della verità diventa un ostacolo. Per chi?/1 

C'era una volta una Commissione Parlamentare Antimafia. E fin qui, nulla di nuovo sotto il sole di Sicilia. Ma la storia recente di questo organo di indagine, nato per fare luce sulle opacità più oscure del nostro Paese, sembra un copione già visto, un thriller giudiziario con un finale che sa di amaro, di gomma bruciata e di verità scomode che finiscono in un cassetto. Al centro di tutto, la figura di un magistrato che è un po' un pezzo di storia siciliana: Roberto Scarpinato, senatore del Movimento 5 Stelle.

 

Il senatore, ex PM di punta nella lotta a Cosa Nostra, ha fatto un gesto che a molti è sembrato un atto di coraggio, a pochi un'intemerata e a qualcuno, evidentemente, una provocazione bella e buona. Ha depositato sul tavolo della Presidente della Commissione, Chiara Colosimo, una memoria di 57 pagine. Un lavoro certosino, un'analisi dettagliata, un vero e proprio "J'accuse" in punta di diritto e di indagine. La memoria non si limita a un singolo evento, ma dipinge un quadro d'insieme, un affresco cupo e inquietante delle Stragi del '92 e '93, da Capaci a via D'Amelio, passando per Firenze, Milano e Roma. La tesi di Scarpinato è chiara: non si può isolare un singolo evento, come la strage di via D'Amelio, e concentrarsi su una sola pista – quella della cosiddetta "mafia-appalti" – ignorando tutte le altre. Sarebbe un'operazione miope, se non addirittura un modo per allontanarsi dalla verità, piuttosto che avvicinarvisi.

 

E qui casca l'asino. Perché l'impostazione della Presidente Colosimo, supportata da una parte della famiglia Borsellino e da figure come l'ex ufficiale del ROS Mario Mori e l'allora capitano Giuseppe De Donno, punta proprio in quella direzione. L'accelerazione della strage di via D'Amelio, secondo questa tesi, sarebbe dovuta al timore che Paolo Borsellino mettesse il naso nell'inchiesta "mafia-appalti", un'indagine che avrebbe toccato interessi indicibili e intoccabili. Scarpinato, con la sua memoria, ha messo in discussione questo approccio, proponendo di allargare il campo d'azione della Commissione per investigare i "buchi neri" e i "nodi irrisolti" delle stragi. Ha elencato, con la precisione del chirurgo, una serie di piste da seguire, di testimoni da sentire e di documenti da acquisire, che nessuno aveva mai "coltivato".

 

Il risultato di questa mossa è stato a dir poco stupefacente, degno di una commedia degli equivoci, ma dal sapore tragico. Non solo le sue proposte non sono state accolte, ma è partita una manovra per cambiare la legge istitutiva della Commissione. Il motivo ufficiale? Escludere dai lavori i membri in presunto conflitto di interesse, impedendo loro di accedere ai documenti. Una mossa che, per chi ha un minimo di malizia (e in Sicilia, caro lettore, la malizia non manca mai), è sembrata cucita addosso a Scarpinato come un abito da sartoria. Il magistrato, con la sua esperienza e le sue conoscenze, rappresentava un ostacolo, una spina nel fianco per chi voleva seguire una strada ben precisa, forse l'unica in grado di non disturbare troppi manovratori ancora in piedi.

 

 

 

 

I punti oscuri della storia d'Italia che non si vogliono illuminare

 

L'azione del senatore Scarpinato, per chi la osserva da qui, in provincia di Trapani, è la classica tempesta in un bicchiere d'acqua. Ma non è acqua, è veleno. E la tempesta, è quella di un'ennesima occasione persa per fare davvero luce sulle pagine più nere della nostra storia recente. La memoria depositata da Scarpinato non è un capriccio, non è un esercizio di stile. È un'analisi puntuale di tutto ciò che ancora non torna, un'interrogazione serrata al nostro Paese, una serie di domande che aspettano una risposta da oltre trent'anni.

 

Tra i "buchi neri" evidenziati da Scarpinato, spiccano le seguenti questioni:

  • Le stragi "continentali": Capaci, via D'Amelio, via Georgofili a Firenze, via Palestro a Milano, gli attentati a Roma. Scarpinato sostiene che questi eventi non possono essere visti come episodi isolati, ma come parti di un unico disegno eversivo. La sua memoria si chiede chi erano i soggetti "esterni" di sesso femminile che parteciparono alle stragi di Firenze e Milano, e chi aggiunse dell'esplosivo "di natura militare" al Fiorino di via Georgofili, dopo che i mafiosi avevano già terminato il loro compito.

     

    Gladio e l'attentato all'Addaura: Il magistrato chiede lumi su un dispaccio segreto del 1989, emerso nel processo Rostagno, che attesterebbe un'operazione di Gladio, denominata "DOMUS AUREA", nei pressi del villino di Falcone all'Addaura, pochi giorni prima dell'attentato fallito. Scarpinato si chiede chi ordinò quell'operazione e perché i dirigenti di Gladio mentirono ai magistrati. Un collegamento inquietante emerge anche dal collaboratore Francesco Di Carlo, che racconta di aver trasportato un carico di armi ed esplosivi, su richiesta dei servizi segreti, da San Vito al Tagliamento (Udine) a Trapani. Di Carlo ha anche riferito che gli uomini dei servizi erano preoccupati che Falcone potesse indagare su tutti  e che erano interessati a mandarlo via da Palermo. Falcone aveva confidato a Paolo Borsellino che se fosse stato nominato procuratore nazionale antimafia, avrebbe riattivato le indagini sul coinvolgimento di Gladio e della destra eversiva nei delitti politici, in particolare nel delitto di Piersanti Mattarella. Borsellino, a sua volta, aveva annotato queste confidenze nell'agenda rossa.

     

  • La "Falange Armata": Chi si nascondeva dietro questa sigla che rivendicò tutte le stragi? Scarpinato sottolinea che i suoi membri erano a conoscenza di "fatti segretissimi" riguardanti le istituzioni e che l'ambasciatore Francesco Paolo Fulci, segretario del CESIS, li identificò in alcuni membri di Gladio.

     

    Massoneria e politica: I pentiti Giovanbattista Ferrante e Salvatore Riina stesso, intercettato in carcere, hanno parlato di massoni come i veri mandanti delle stragi fuori dalla Sicilia. Riina definiva i mafiosi che si erano prestati a questo gioco "sbirri e infamoni". E qui la storia si allarga, con i verbali di Leonardo Messina che parla di un progetto separatista eversivo, sostenuto da massoneria e poteri "esterni" per la creazione di un nuovo Stato nel Sud Italia e di un nuovo soggetto politico. Un progetto poi dirottato su Forza Italia, con la discesa in campo di Silvio Berlusconi.

     

  • I misteri di via D'Amelio: La memoria di Scarpinato non trascura il depistaggio, ma lo colloca in un contesto più ampio. Riporta le testimonianze della vedova di Borsellino, Agnese, che parlò di "un colloquio tra la mafia e parti infedeli dello stato". Scarpinato si interroga sul perché la strage fu accelerata, nonostante il rischio di far convertire in legge il decreto antimafia. E soprattutto, perché, subito dopo l'esplosione, intervennero sul posto "quattro o cinque persone, vestite tutte uguali, in giacca e cravatta", identificati come uomini dei servizi segreti, che si interessarono unicamente alla borsa di Borsellino, da cui scomparve la famosa agenda rossa.

     

     

Insomma, il quadro che ne esce è un ginepraio di trame e connivenze, un intreccio che vede mafia, massoneria, servizi segreti "deviati" e pezzi di politica collusi. Un quadro che, a quanto pare, non tutti vogliono vedere. Il tentativo di isolare Scarpinato e la sua memoria, nascondendo i documenti, non fa che avvalorare la sua tesi: c'è chi non vuole la verità. O almeno, non tutta. E di certo non quella che potrebbe rovinare i piani a qualcuno, trent'anni dopo. 

 

 

 

La provincia di Trapani al centro della scena

 

La memoria di Scarpinato non tralascia il ruolo cruciale che la provincia di Trapani ha avuto in questa fitta rete di misteri e manovre. Diversi passaggi del memoriale mettono in evidenza collegamenti diretti e indiretti con luoghi e persone del trapanese, come ad esempio:

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    Il centro Scorpione di Gladio a Trapani: Si fa riferimento a un dispaccio segreto del 1989 che documenta un'operazione di Gladio, denominata in codice "DOMUS AUREA", nei pressi del villino di Giovanni Falcone all'Addaura. La memoria cita la sentenza della Corte di Assise di Trapani sul processo per l'omicidio del giornalista Mauro Rostagno, che evidenzia le reticenze e le incongruenze dei dirigenti di Gladio in merito alle attività del centro Scorpione di Trapani. Falcone, poco prima di essere ucciso, aveva confidato a Pino Arlacchi che il delitto Mattarella era stato opera di killer mafiosi e terroristi inviati dalla P2 e sostenuti, "forse anche ospitati, dalla base Gladio di Trapani".

     

  • Vincenzo Milazzo e gli incontri con i servizi segreti: Il collaboratore di giustizia Armando Palmeri ha descritto tre incontri avvenuti nel primo semestre del 1992 tra il capomafia di Alcamo, Vincenzo Milazzo, e due uomini dei servizi segreti. Gli incontri si svolsero a Castellammare del Golfo, in contrada Conza, e alle pendici del Monte Bonifato, in una villa di proprietà del senatore Ludovico Corrao. In questi incontri, i servizi chiesero a Milazzo di unirsi alla strategia stragista, ma lui rifiutò e fu ucciso per ordine di Salvatore Riina il 14 luglio 1992.

     

  • Il deposito di armi e il coinvolgimento dei Carabinieri: La memoria di Scarpinato ricorda che il 1° ottobre 1993, a seguito di un'informazione dei Servizi Segreti, la squadra mobile di Trapani scoprì un ingente deposito di armi ed esplosivi in una villa nella disponibilità dei Carabinieri Vincenzo La Colla e Fabio Bertotto. Sempre su indicazione della stessa fonte, fu rinvenuta all'interno della villa la foto di una donna indicata come coinvolta nelle stragi del '92 e '93.

     

  • Massoneria a Campobello di Mazara: L'ex Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia, Giuliano Di Bernardo, ha dichiarato che nel 1993 fu informato che "in quella zona, tutte le nostre logge lì sono state occupate dalla mafia". Si riferiva a Campobello di Mazara, sottolineando che il presidente del collegio circoscrizionale della Sicilia, un noto avvocato del trapanese, era espressione di quell'area.

     

  • Francesco Di Carlo e i servizi segreti: Il collaboratore, boss di Altofonte, ma con forti legami con il trapanese , ha riferito di aver messo in contatto con i vertici di Cosa Nostra uomini dei servizi che volevano "eliminare Falcone". Tra questi, Di Carlo ha identificato Arnaldo La Barbera , e ha raccontato di un suo viaggio per trasportare armi da San Vito al Tagliamento a Trapani su richiesta dei servizi segreti.

     

    CONTINUA...