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10/09/2025 06:00:00

L’ultimo viaggio del professore Renato Lo Schiavo

Forse si viaggia sempre da soli, ma nella Cattedrale di San Lorenzo, a Trapani ˗ piena fino agli orli di parenti, amici, ex alunni ed ex colleghi, autorità, estimatori e di qualche turista e passante incuriosito ˗ i partecipanti ai funerali hanno voluto accompagnare in gran numero il professor Renato Lo Schiavo, scomparso quattro giorni addietro, sabato 6 settembre 2025, almeno fino alla soglia dell’aldilà.


Nato a Catania il 13 giugno 1955, alla città falcata il noto e valente educatore dedicò l’intero suo brillante curriculum di insegnante di Latino e di Greco, nonché di studioso di personaggi e di storie della nostra terra. Ricerche, queste, confluite in interessanti volumi di saggi e di traduzioni.
Qui sono anche nati e cresciuti i suoi due figli, Nino ed Enrica.


Nel duomo, accarezzato dalle affettuose parole di Don Liborio Palmeri, suo amico da lungo tempo, officiante le esequie, egli è così stato consegnato all’estremo cammino. 
Ma Renato Lo Schiavo, come tanti di noi, si allenava da tempo per affrontare questa ardua escursione individuale, soprattutto negli ultimi anni, anche viaggiando quasi sempre da solo, con la sua auto non nuova e forse non sempre al meglio della sua funzionalità, deciso a macinare migliaia di chilometri attraverso l’Italia intera, muovendo da uno dei suoi punti liminari, Trapani, per toccare, un po’ alla volta, ogni parte d’Europa.
Certo il contrasto è forte, forse perfino stridente, tra la basilica assiepata di fan e i solitari e raminghi pellegrinaggi vacanzieri del professore. E certamente entrambe le circostanze raccontano delle verità.
Anche la scorsa estate, il nostro intraprendente amico, grosso modo dal 25 giugno al 25 luglio 2024, munito di particolareggiati e ben studiati programma e itinerario, ha attraversato il Belpaese e poi ha raggiunto altri vicini Stati, ancora ignaro delle imminenti mosse del destino.
Dalle descrizioni fornite in chat ad alcuni amici, tra cui anche Angela Grammatico, che ringraziamo per la collaborazione, rileviamo che, al pari di ogni autentico studioso, Lo Schiavo era sempre sulle tracce dei suoi “personaggi” d’elezione. Annotava, ad esempio, il viaggiatore: «Alla Sacra di San Michele (Piemonte) sulle orme di Samuel Butler. Che meraviglia, fuori e dentro! E che salita, menomale che l’aria è buona».


In un’altra comunicazione, con foto allegate, precisava: «Butler tour terza tappa: Sacro Monte di Varese, cappella con affresco esterno di Guttuso».
Di fronte alle Cascate del Reno a Sciaffusa, nel nord della Svizzera, precisava: «Qui si capisce perché gli antichi attribuissero un dio ad ogni fiume».
Accompagnava in questi termini un breve video panoramico sul lago di Bled, in Slovenia, visto dal castello: «Semplicemente senza parole. Dal vivo, con questa giornata, è di una bellezza indescrivibile».

 

 
 

La didascalia di un’altra foto, dalla provincia di Siena, illustrava: «Bagni San Filippo: un paradiso della natura, gratis».
Quel Samuel Butler (1835-1902), sempre inseguito da Lo Schiavo, è il famoso e importante scrittore inglese della seconda metà dell’Ottocento che più volte soggiornò a Trapani e nei suoi dintorni per approfondire e avvalorare la sua “teoria” dell’origine siciliana dell’Odissea, che a suo dire sarebbe stata opera di un’Authoress trapanese, una donna.
 

Il nostro professore dedicò molti anni di studio a questa tematica e diverse rilevanti pubblicazioni, accreditandosi come il più autorevole studioso di questo argomento. 
Ma tra i tanti “miti” pedinati da Renato Lo Schiavo vi è anche un certo Gustav Mahler, di cui amava le opere ma anche scandagliare le vicissitudini famigliari e sentimentali. Come non rimanere sconvolti da quella meravigliosa donna e femme fatale che fu la moglie dell’artista, Alma Schindler, anch’essa compositrice e scrittrice?
Il docente ne è ammaliato. Ne frequenta e segue tutte le peripezie, le gioie e i dolori, gli eccessi e le ragioni, analizza la forza attrattiva muliebre, le peripezie dei tanti uomini accolti nel letto di lei, talvolta mantenendo relazioni molteplici, studia la sua eleganza, il suo fascino inarrestabile, il suo dominio inevitabile. Forse specularmente egli insegue anche i propri interrogativi sulle bizzarrie delle unioni amorose, indaga forse, il professore, le motivazioni profonde dei love affairs, i loro tormenti, le loro contorsioni, la felicità, le infedeltà…
Al rientro dal suo viaggio, per un’intera serata Renato mi ammalia e cattura coi suoi racconti delle vicende intime e coniugali di questo essere irresistibile che collezionava amori e matrimoni con gli artisti più eccelsi del suo tempo, sposando prima Mahler, poi Walter Gropius (amando, frattanto, anche Oskar Kokoschka) e infine Franz Werfel, un giovane poeta ungherese. Un delirio in cui sembra compiersi il miracolo dell’amore!
Le foto che, dal suo girovagare, Lo Schiavo invia agli amici, raffigurano laghi e ostelli incantati, fiumi ribollenti, navate, conventi, piscine tra le montagne, video di percorsi in trenino tra stalattiti e stalagmiti, dighe spettacolari, bagnanti tra ruscelli e paesaggi dai toni nivei… Ma tutto sembra imperniarsi e ruotare, come una giostra per adulti, intorno alla Gustav Mahler Komponierhāuschen, verosimilmente la meta principale del professore. 
Si tratta della celebre “capanna di composizione” in legno di Maiernigg, sul Wörtehersee, il più grande lago della Carinzia, nell’Austria Meridionale, dove il celebre compositore realizzò, dal 1900 al 1907, alcune delle sue sinfonie, dalla Quarta all’Ottava. La casetta, aperta al pubblico, contiene arredi dell’artista e documentazione musicale.
Certo l’opera mahleriana, così drammatica, solenne, tormentata, non sembra la più in sintonia con l’animo pacato e dolce del professor Lo Schiavo. Ma chi può dire cosa si nasconde in un essere umano?
Lui, infatti, prima ancora che un eccellente docente delle sue discipline curriculari, è stato un meraviglioso maestro di Mitezza, di Generosità e di Sorriso. 
Tra i suoi amici, in questi giorni, gira una sua foto ˗ baffi spioventi e capelli lunghi da Nazareno, barba incolta, avrà più o meno diciotto anni ˗ in cui ha gli occhi pieni di una luce e di una gioia che non sembrano umane, ma di più, colmi di una felicità che potrebbe rasentare lo sberleffo. Uno sguardo e un sorriso, insomma, che commuovono, per il candore che svelano, la pulizia interiore che promanano.
Anche durante questi pochi mesi in cui ha dovuto convivere con un’infausta diagnosi, giunta a fine ottobre, Renato non ha perduto la sua mansuetudine, ha sorvegliato con pudore la paura della fine, ha custodito il dolore con “leggerezza”: mai un’imprecazione, un lamento incontrollato, una parola di “troppo”, una recriminazione e, meno che mai, un gesto di rabbia.

 


Le donne di casa, che gli sono state vicine anche nell’ultimo giorno, nelle ultime ore, nel momento in cui è spirato, registrano una sua compostezza da stoico, da mistico, quasi da atleta: pure il fiato e il respiro, via via declinanti, sono stati da lui governati come se fosse stato un esperto del trapasso, avvenuto senza un rantolo, né un sussulto e, meno che mai, con accenni di ribellione o disobbedienza.
Il suo addio al mondo è stato come un’esecuzione musicale, un ultimo docile, paziente, discreto assolo a beneficio dei suoi tanti estimatori e ammiratori.   
Senza dichiararsi credente, se non caparbiamente in quell’umanità forse oggi più che mai in affanno e agonizzante, Renato è vissuto ed è morto alla maniera degli “idioti” dostoevskiani e dei santi.

 

Salvatore Mugno


 

 

La lettera degli alunni

Caro Professore,
oggi non ci rivolgiamo a Lei con il consueto rispetto che abbiamo imparato nei corridoi della scuola, ma con una voce più intima, più fragile: quella degli alunni che Le devono molto più di quanto siano riusciti a dire.
Abbiamo compreso, grazie a Lei, che il sapere non è un porto sicuro, ma un viaggio senza fine. Ogni sua lezione era un’Itaca da raggiungere - lontana, a volte difficile, ma sempre ricca di promesse.
E noi, come piccole vele tese al vento, ci siamo lasciati condurre, incerti e curiosi, in un mare che da soli non avremmo mai osato attraversare.
Con la pazienza dei grandi navigatori, ci ha guidati tra i versi degli antichi e i silenzi del presente.
Ci ha insegnato che nel pensiero non ci sono scorciatoie, ma solo rotte da tracciare con onestà e dedizione.
E con il suo esempio, ci ha mostrato che anche l’insegnamento è un’arte: un mestiere dell’anima.
Ma oggi, con profondo dolore, diciamo addio a molto più di un insegnante.
Se ne va un maestro d’anima, un custode della bellezza antica, un uomo che ha attraversato generazioni lasciando in ognuna una traccia indelebile.
Se ne va anche un pezzo della storia della nostra scuola e della nostra città.
Chi lo ha conosciuto sa bene che non si usciva mai dalle sue lezioni uguali a prima: ci ha insegnato a pensare, a sentire, a rispettare.
Con i suoi laboratori teatrali e musicali ha trasformato le aule in palcoscenici, i corridoi in sentieri di scoperta, rendendo la scuola un luogo vivo, vibrante, in cui ogni studente poteva trovare spazio per esprimersi e fiorire.

 


Era lì, accanto a noi, tra le prove incerte e le emozioni forti della prima volta sul palco.
Ci insegnava il coraggio di esserci. E di essere veri. E come dimenticare i concerti?
Quelle serate in cui la scuola diventava un teatro vivo, palpitante di musica e poesia.
Lei era lì, sempre, con occhi attenti e orgogliosi, a stringere mani tremanti e ad applaudire chi trovava finalmente il coraggio di mostrarsi.
Non erano solo eventi scolastici: erano piccoli miracoli di comunità, di bellezza condivisa, di crescita vera.
Ora che ha deposto i remi, il suo viaggio continua oltre le colonne d’Ercole della nostra comprensione.
Ma non è un addio vuoto il nostro: è un saluto colmo di gratitudine.
Perché il suo nome è scolpito nel ricordo.
E la sua voce, come l’eco di un aedo antico, continuerà a indicare la rotta a chi resta.
Addio, Maestro.
Che il suo ultimo approdo sia dolce come il ritorno ad Itaca.
E che noi, suoi discepoli, continuiamo il viaggio con il suo sguardo nelle vele e il suo insegnamento nel cuore.
Con gratitudine e affetto,
gli Alunni Tutti