L’Amministrazione cittadina di Marsala, guidata da Massimo Grillo, ha trascorso i primi anni ignorando la fase principale del servizio ai cittadini: l’ascolto. Esistono loro, basta, niente confronto. Non è necessario.
Ma ci fu anche il tempo in cui Grillo mise su, anche per accordi elettorali e partitici, una buona squadra. Paolo Ruggieri vice sindaco era una certezza, la figura di Arturo Galfano una garanzia, Valentina Piraino nuova al mondo della politica, e ne ha pagato il prezzo, ma determinata a portare avanti risultati.
Solo alcuni nomi del passato, il presente è fatto davvero di grandi incertezze e tantissime incompetenze. Si salvano Salvatore Agate, Ignazio Bilardello, Giacomo Tumbarello. Il resto potrebbe essere rottamato immediatamente. E senza nemmeno una scusa. Manifesta incapacità.
Torniamo al mancato ascolto, che molto dipende pure dai componenti della giunta, perché quelli su citati almeno si trovano in giro e si fermavano con chiunque avesse qualcosa da dire. L’amministrazione comunale, invece, ha mostrato limiti sia nella capacità di programmazione che di ascolto. E quando manca il processo partecipativo, o è insufficiente, si crea distacco con i cittadini.
Quando il dissenso diventa un problema
La partecipazione civica dovrebbe essere il motore della crescita, si chiama confronto democratico, l’amministrazione comunale però sembra ascoltare solo una parte della cittadinanza, quella più vicina o più favorevole alla linea politica della giunta. Le critiche, invece, vengono accolte con fastidio e spesso ignorate.
Secondo molti, l’accesso al dialogo con gli amministratori sarebbe agevolato solo per chi appartiene alla cerchia giusta, mentre le voci critiche finiscono ai margini.
Ma questo è un modello comunicativo basato sulla propaganda: post istituzionali sui social e inaugurazioni vengono privilegiati rispetto ai momenti di confronto reale. Ma le città non si governano dialogando solo con chi applaude. L’autoreferenzialità è il primo passo verso la perdita di contatto con ciò che c’è intorno.
Il richiamo alle fragilità
Quando si parla di Marsala inclusiva sarebbe bene partire dalle cose più elementari per poi passare alle persone con disabilità e ai fragili. Anche qui manca completamente l’ascolto delle categorie. Ed ecco che gli interventi a sostegno delle fragilità spesso risultano frammentati. Ad esempio il Comune dovrebbe utilizzare strumenti di analisi statistica o mappature socio-demografiche per definire priorità e politiche. Le decisioni sono spesso reattive e non basate su dati. E poi c’è il problema legato allo scarso investimento sul territorio: fondi europei e regionali non sempre vengono intercettati o spesi efficacemente. Molte opportunità vengono perse per mancanza di progettazione. E si investe non solo negli spazi ma pure nelle comunità.
Dall’ascolto al Welfare
Sarebbe semplice, lanciamo la proposta e magari il prossimo sindaco la copierà, creare un Piano Comunale per l’Accessibilità Universale: mappatura delle barriere architettoniche in scuole, uffici pubblici, marciapiedi, spiagge. Quindi avvio di un fondo dedicato alla rimozione delle barriere, con priorità a luoghi ad alta affluenza: municipio, ospedale, piazze, cimitero. Istituire la figura del “Disability manager” comunale, che non deve avere chissà quali lauree e master ma una spiccata sensibilità e capacità di empatia.
Ma un Comune moderno deve porsi anche un obiettivo: entro tre anni, almeno il 60% degli edifici pubblici accessibile a tutti. Non basta dire di “aiutiamo i fragili": serve una strategia, una governance, obiettivi raggiungibili. Un Comune presente è quello non assistenzialista ma abilitante.
Spazi comunali alle associazioni
Una città che vuole davvero occuparsi di disabilità non può limitarsi ai proclami: deve mettere a disposizione risorse concrete, a partire dagli spazi. Oggi molte associazioni che lavorano con persone con disabilità – organizzando attività, socializzazione, terapie, sport inclusivo – si trovano senza una sede stabile o costrette ad arrangiarsi in locali inadeguati.
Questo accade non perché manchino gli immobili comunali, ma perché manca una strategia chiara di valorizzazione del patrimonio pubblico. È una contraddizione che un’amministrazione attenta alle fragilità non può più permettersi. Cosa fare allora? Semplice una pubblicazione degli immobili comunali inutilizzati o sottoutilizzati, bando annuale per l’assegnazione gratuita degli spazi alle associazioni che operano in ambito sociale, convenzioni pluriennali che garantiscano stabilità alle realtà associative, criteri basati sul valore sociale, non sul peso politico o sulle conoscenze personali. Concedere spazi comunali significa non fare un favore ma creare la politica di welfare territoriale.