Cuffaro: oggi scrivono post indignati, ma tutti cercavano il suo consenso e i suoi voti
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Si è dimesso sabato Totò Cuffaro da segretario nazionale della Dc. L’onta di questi giorni, a seguito dell’indagine scoppiata, ha travolto l’intero partito. I vari coordinatori provinciali, la presidente e il segretario regionale sanno che un segnale andava dato: hanno convocato per il 19 novembre, a Palermo, una direzione regionale straordinaria, “per riaffermare, con fermezza, la nostra missione al servizio dei siciliani. La Democrazia Cristiana è e rimane una comunità politica ispirata ai valori della legalità, della solidarietà e del servizio al bene comune”.
Il Movimento Cinque Stelle è partito all’attacco: “Le dimissioni di Cuffaro da segretario nazionale della Dc? Bene, ma cambia poco. Occorre smantellare il sistema clientelare che sta rubando il futuro alla Sicilia. Piuttosto, attendiamo un altro passo indietro, quello di Schifani. Solo allora i siciliani potranno cominciare a sperare di intravedere un filo di luce in fondo al tunnel in cui questo disastroso governo li ha cacciati”.
A chiedere le dimissioni del presidente della Regione, Renato Schifani, è stato anche Carlo Calenda, che già in passato aveva invocato il commissariamento della Sicilia.
Una Sicilia tenuta in ostaggio, dice la segretaria del Pd Elly Schlein: “Non sta a noi fare valutazioni sui reati commessi, ma le frasi delle intercettazioni riportate da tutti i giornali ci dicono una cosa chiara e incontrovertibile: la gestione della sanità, gli appalti, i bandi pubblici e perfino i concorsi sono piegati a interessi clientelari e funzionali al mantenimento del potere da parte di una consorteria che impedisce ogni cambiamento e uccide futuro e speranza”.
E ancora: “Quello che disgusta è il quadro di un’amministrazione regionale tenuta in ostaggio da un sistema di potere profondo e ramificato, a cui la destra strizza l’occhio dando a uomini come Cuffaro la golden share del governo. Per questo il problema non è solo Cuffaro, ma anche chi oggi guida la Regione. La destra è in crisi profonda, presa in lotte intestine, e non è in grado di rispondere ai bisogni dei cittadini. Schifani dovrebbe prenderne atto e trarne le conseguenze. È troppo facile sospendere solo tecnici e funzionari senza affrontare i nodi politici. Il campo progressista deve ricostruire, con i siciliani, una speranza di cambiamento, una Sicilia davvero nuova, che rompa legami, clientele e favori con chi quest’isola l’ha solo sfruttata, danneggiandone lo sviluppo”.
Malumori in maggioranza
A notificare l’avviso di malessere è anche Raffaele Lombardo: non parteciperà più a nessun vertice di maggioranza e rilancia chiedendo l’azzeramento della giunta.
A Roma Fratelli d’Italia è nervosa per tutto quello che è emerso. Per Luca Sbardella, “sospendere chi ha potere di firma era doveroso, ma questo non basta”.
E poi c’è Cateno De Luca, che ha già indetto una conferenza stampa per il 12 novembre, a Palermo: “O si cambia passo o si torna al voto”.
C’è da approvare una Finanziaria, ma il rischio è che venga smantellata dal fuoco amico. A questo punto Schifani potrebbe anche pensare alle dimissioni.
Chi è davvero Cuffaro?
Non voleva fare solo il padre nobile del partito. In pubblico elogiava Schifani, ma in privato lo definiva “poco credibile”. Non sono mancati i giudizi duri sui componenti della giunta, soprattutto sui leghisti, come Luca Sammartino: “Una merda, convinto di essere l’unico intelligente”.
Chi è davvero Cuffaro? È il leader con cui tutti si sono seduti a parlare per tentare un accordo elettorale. Oggi fanno finta di niente, magari scrivono post di indignazione. I suoi voti, la sua macchina del consenso facevano gola a molti.
Alle ultime elezioni europee era stato a un passo dal chiudere un accordo di candidatura con Matteo Renzi. Inizialmente il candidato doveva essere proprio Cuffaro, poi prevalse la paura di uno “sputtanamento” mediatico: la storia di Renzi rischiava di finire definitivamente stritolata. Si decise allora di proporre due nomi della Dc, Laura Abbadessa e Marco Zambuto, ma alla fine il patto saltò. Sui voti della Dc, però, contavano non solo i renziani siciliani ma anche altri leader di partito, che a turno si sono seduti con Cuffaro.
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