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10/11/2025 06:00:00

Caso Cuffaro, la Sicilia travolta. Opposizioni in pressing, maggioranza in silenzio

La Sicilia è di nuovo scossa da un’ondata giudiziaria che intreccia politica e sanità, potere e nomine, interessi e connivenze.
Dopo le rivelazioni della Procura di Palermo sulle presunte reti di corruzione legate all’ex presidente della Regione Totò Cuffaro e al sistema di spartizioni negli enti sanitari, il clima politico è diventato incandescente.
Le opposizioni chiedono azioni immediate e trasparenza; il governo regionale prova a resistere, ma la sensazione è quella di un vaso di Pandora ormai scoperchiato.

 

Il M5S: “Schifani azzeri tutti i vertici della sanità”

«Ancora una volta è la sanità regionale al centro degli scandali e delle indagini giudiziarie. Sembra un déjà vu e i protagonisti sono sempre gli stessi».
Così la deputata Roberta Schillaci, segretaria della commissione regionale Antimafia e vicecapogruppo del Movimento 5 Stelle, che chiede al presidente Renato Schifani di riferire in Aula e di “assumere decisioni forti”.

Secondo Schillaci, «le indagini della Procura di Palermo hanno già mostrato che le nomine nella sanità sono state fatte secondo una spartizione politica sul modello del manuale Cencelli. Schifani deve azzerare tutti i vertici: oggi servono atti di igiene politica, non aggiustamenti cosmetici».

Durissimo anche il coordinatore regionale del Movimento, Nuccio Di Paola, che accusa il governatore di “gettare fumo negli occhi” dopo la sospensione di alcuni dirigenti:
«Se vuole davvero dare un segnale forte – dice – mandi a casa tutti i direttori generali delle Asp e degli ospedali. Le liste d’attesa che dovevano essere azzerate sono invece più vive che mai».

A fargli eco il capogruppo Antonio De Luca, che denuncia «la paura di toccare gli equilibri di potere interni alla maggioranza, che per mesi si è spartita le poltrone nella sanità siciliana».

E il leader nazionale del Movimento, Giuseppe Conte, chiude il cerchio:
«La sanità siciliana è al collasso, e ora capiamo perché. Le risorse ci sono, ma è la politica a distruggere. Questo governo deve andare a casa».

 

Pd, M5S e Controcorrente insieme: due giorni per decidere la linea comune

Giovedì 13 e venerdì 14 novembre i 23 deputati regionali di opposizione – appartenenti a PD, M5S e Controcorrente – si riuniranno in un vertice straordinario.
Al centro del confronto, la “situazione politica regionale divenuta insostenibile” e la preparazione di una strategia comune in vista della prossima Finanziaria.
L’obiettivo, dicono, è “liberare la Sicilia dal malgoverno Schifani”, ma anche ritrovare una direzione unitaria dopo mesi di frammentazione.

 

 

“Un sistema malato da decenni”

Le parole più amare arrivano dal mondo sindacale.
Giovanni Pistorio, segretario generale della Fillea Cgil Sicilia, ricorda che la Regione ha da tempo rifiutato di discutere un protocollo di legalità proposto dal sindacato:
«L’omissione di quella discussione la dice lunga sul nostro tessuto politico-sociale. Il sistema di corruzione oggi non si consuma più dopo, ma prima dell’appalto: quando l’opera è solo immaginata».

Pistorio descrive un meccanismo consolidato:
«Una volta il mafioso interveniva per garantire le regole del gioco; oggi tutto avviene dentro le istituzioni. È un sistema che obbliga le imprese a sottostare a logiche di potere per ottenere lavori o forniture».
E conclude citando Pasolini:
«Io so, ma non ho le prove. Io so perché metto insieme i pezzi di un quadro frammentato. E quel quadro oggi parla chiaro».

 

 

Fava: “Non è più la mazzetta, è il potere”

L’ex presidente della Commissione Antimafia, Claudio Fava, va oltre la contingenza giudiziaria e attacca anche l’opposizione, accusandola di “ipocrisia politica”.
Nel suo intervento dal titolo Servo suo, Fava scrive:
«Quali titoli morali ha questo centrosinistra per chiedere le dimissioni di Schifani? È lo stesso che ha partecipato al banchetto dell’ultima finanziaria spartendosi cento milioni di euro in regalie. Lo stesso che ha contribuito alla degenerazione del sistema dei sottogoverni».

Fava individua nella “gestione del potere” il vero cancro della politica siciliana:
«Non servono più tangenti. Il potere è diventato la ricompensa stessa: gestire le carriere, decidere le nomine, pilotare le scelte pubbliche. È il potere in sé a essere la malattia».

 

La linea del governo Schifani

Da Palazzo d’Orléans per ora prevale il silenzio.
Dopo la sospensione di tre dirigenti e l’autosospensione del direttore generale dell’Asp di Siracusa, Schifani prova a mostrarsi determinato ma resta sotto assedio.
Il presidente ha promesso “collaborazione totale con la magistratura”, ma evita di rispondere direttamente alle richieste di azzeramento dei vertici.

Fonti vicine alla maggioranza parlano di un clima “teso e surreale”, con i partiti alleati che temono ripercussioni a catena su nomine e incarichi.

 

Un déjà vu che la Sicilia non può più permettersi

È l’ennesimo capitolo di una storia che la Sicilia conosce bene: la sanità come terreno di potere, le nomine spartite tra i partiti, le inchieste che svelano la trama del consenso.
Oggi al centro c’è di nuovo Totò Cuffaro, ex governatore, condannato per favoreggiamento mafioso e tornato alla ribalta come leader politico della Nuova Dc.
Le accuse di corruzione e turbativa d’asta che lo riguardano rischiano di trascinare nel fango un’intera classe dirigente.

Ma, come ha scritto Fava, il vero nodo resta culturale: il potere come fine, non come mezzo.
E mentre la magistratura lavora, la politica siciliana si scopre ancora una volta senza anticorpi, intrappolata nello stesso copione.

La differenza, forse, è che oggi i cittadini non sembrano più disposti a crederci.