Nelle strade di Marsala, Trapani e Mazara il fenomeno è ormai sotto gli occhi di tutti: giovani e adulti che sfrecciano su bici elettriche che bici non sono più. Accelerazioni fulminee, velocità oltre i 40–50 km/h, nessun casco, nessuna targa, nessuna assicurazione. Una zona grigia che, però, grigia non è: quelle che molti chiamano “e-bike” sono, di fatto, ciclomotori truccati e illegali.
A disegnare il confine è l'articolo 50 del Codice della strada: un’e-bike è una bicicletta solo se il motore assiste la pedalata, si spegne oltre i 25 km/h e non supera i 250 watt. Caduto anche solo uno di questi requisiti, cambia tutto. «Non esistono mezze misure» spiega Luigi Altamura, comandante della Polizia locale di Verona e referente Anci per Viabilità Italia. «Chi sblocca o potenzia il motore rischia fino a 5.100 euro di multa, ma la cifra sale oltre i 7.000 euro se si sommano guida senza patente, assenza di assicurazione e mancata immatricolazione. E scatta il sequestro finalizzato alla confisca».
Le forze dell’ordine in Sicilia occidentale lo confermano: il fenomeno è in crescita, soprattutto tra i minorenni, che usano questi mezzi come fossero biciclette, spesso in gruppo, spesso di notte, spesso in aree centrali o affollate. In centro storico a Marsala, lungo il Corso di Trapani, nelle vie strette di Mazara, la scena è quotidiana: biciclette dall’aspetto innocente che, però, partono come scooter da competizione.
Il rischio reale: mezzi da 50 km/h guidati come biciclette
Il punto, spiegano gli esperti, è che una bici alterata non è più una bici. È un motorino camuffato. Ma viene guidato come un velocipede, cioè senza casco, senza assicurazione, senza targa e senza consapevolezza dei rischi.
Un impatto a 40 km/h, per un conducente non protetto, può essere devastante.
Se poi il mezzo provoca un incidente, il guidatore resta completamente scoperto: nessuna compagnia può risarcire, perché quel veicolo, per la legge, non esiste.
Il mercato illegale che cresce anche in Sicilia
Il boom delle e-bike legali — 274 mila vendute in Italia solo nel 2024 — ha creato un mercato parallelo, fatto di kit da pochi euro e software pirata che sbloccano i limiti di velocità. Si va dalle modifiche artigianali ai sistemi professionali venduti e installati in negozi compiacenti.
Secondo Ancma (Confindustria Ciclo), il giro d’affari illegale toglie 60 milioni l’anno ai produttori onesti. E a livello europeo, l’Ufficio del Procuratore europeo (Eppo) ha già indagato un colossale contrabbando di bici cinesi modificate: 2.435 container, 350 milioni di dazi evasi, 450 milioni di IVA non versata.
Una filiera che incrocia importazioni fraudolente e successive manomissioni.
Il paradosso locale: mezzi usati da chi la patente l’ha persa
Tra i casi registrati in Italia — e non mancano episodi simili anche nel Trapanese — c’è chi compra questi mezzi perché non può guidare: patente sospesa per alcol, droga o per perdita totale dei punti.
Altri ancora finiscono vittima dei rivenditori: firmano ciò che credono essere un normale contratto, e scoprono solo dopo che era una liberatoria sull’illegalità del mezzo.
Le contromisure: software antifrode e più controlli
Le aziende provano a difendersi: alcune multinazionali tedesche hanno introdotto sistemi che spengono automaticamente il motore quando rilevano manomissioni; Shimano seguirà la stessa strada. Una bici modificata perde la garanzia e, spesso, rischia danni strutturali.
Ma la vera risposta – specie nelle città come Marsala, Trapani e Mazara – sarà nei controlli.
Determinanti per frenare un fenomeno che ricorda molto i “motorini truccati” degli anni ’80, solo in versione silenziosa, più veloce e molto più insidiosa.