Torna a infiammarsi il dibattito sulla gestione dell’acqua in Sicilia e sulle soluzioni proposte per fronteggiare una crisi che da anni penalizza agricoltura e territori. A intervenire con una presa di posizione dura sono i Guardiani del Territorio, che contestano apertamente l’ultima mobilitazione della Coldiretti e, soprattutto, le ricette indicate dall’organizzazione agricola.
Secondo l’associazione, dietro proteste “scenografiche e numericamente imponenti”, Coldiretti continuerebbe a sostenere soluzioni che finiscono per avvantaggiare i grandi proprietari agricoli, lasciando ancora una volta ai margini i piccoli coltivatori diretti.
Un punto, però, non è in discussione: la gestione della risorsa idrica in Sicilia è definita “disastrosa”. Dighe mai collaudate o abbandonate, invasi mantenuti artificialmente vuoti per mancanza di manutenzione, reti di distribuzione obsolete e colabrodo che disperdono milioni di metri cubi d’acqua prima di raggiungere campi e centri abitati. Una denuncia che i Guardiani del Territorio dichiarano di condividere da anni.
È quando si passa dalle accuse alle soluzioni che, secondo l’associazione, emerge la contraddizione. Invece di pretendere una riorganizzazione strutturale del sistema pubblico delle dighe e delle reti di distribuzione, e investimenti seri su infrastrutture collettive, Coldiretti tornerebbe a spingere sulla realizzazione di laghetti e invasi aziendali.
Una scelta che, nella pratica, sarebbe fuori dalla portata dei piccoli agricoltori. “Solo i grandi proprietari terrieri e le aziende agricole di grandi dimensioni – sostengono – dispongono di superfici, capitali e capacità burocratiche per realizzare invasi privati”. I coltivatori diretti, quelli che lavorano pochi ettari e presidiano il territorio, resterebbero così senza acqua e senza alternative.
Per i Guardiani del Territorio questa non è pianificazione, ma una “privatizzazione strisciante dell’acqua”, mascherata da modernizzazione. Da qui anche la critica alle modalità delle proteste: piazze riempite con pullman, magliette e cappellini gialli, fischietti e colazioni a sacco. Una mobilitazione paragonata, non senza polemica, alla fiaba del Pifferaio Magico, dove la folla viene guidata da slogan e rabbia legittima verso soluzioni che non risolveranno i problemi strutturali.
“Il rischio – avvertono – è che gli agricoltori vengano condotti verso scelte che non li salveranno, mentre i veri beneficiari resteranno i grandi interessi”.
La posizione dell’associazione è netta: l’acqua è un bene pubblico e come tale deve essere gestita. Servono dighe sicure e funzionanti, reti moderne, riuso delle acque depurate e una programmazione vera, non scorciatoie aziendalistiche. Senza un cambio di rotta, concludono i Guardiani del Territorio, le piazze continueranno a riempirsi, ma i campi dei piccoli coltivatori resteranno asciutti. E a pagare, ancora una volta, saranno proprio coloro che Coldiretti dice di rappresentare.