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14/12/2025 06:00:00

Fondali bassi e cantieri fermi: perché il porto di Trapani perde navi

Il porto di Trapani perde pezzi da anni. I numeri lo dicono chiaramente e oggi trovano una spiegazione tecnica e politica che, per la prima volta, viene ammessa da tutti. In quindici anni lo scalo ha dimezzato le crociere, passando da 110 navi a stagione a circa 60, e ha perso quattro linee commerciali strategiche: Livorno, Civitavecchia, Cagliari e Tunisi. Linee che garantivano camion, semirimorchi, lavoro e continuità. Oggi non ci sono più.

 

A spiegare perché Trapani sta scivolando ai margini non è un politico ma chi sale ogni giorno sulle navi. Alessandro Ficara, capopilota del porto, lo dice senza giri di parole: “Oggi il porto di Trapani può ospitare solo navi con pescaggio fino a 8 metri. Oltre non possiamo andare”. Tradotto: molte navi moderne non entrano. “Succede spesso che le compagnie chiedano di venire a Trapani, ma dobbiamo dare parere negativo perché non abbiamo fondali sufficienti”, racconta. Navi che, prima ancora di arrivare, vengono dirottate verso altri porti.

 

Eppure basterebbe poco. “Non servono opere faraoniche. Anche un metro, un metro e mezzo in più di fondale farebbe una differenza enorme”, spiega Ficara. Con 9 o 9 metri e mezzo Trapani potrebbe agganciarsi ai circuiti di cabotaggio internazionale, ospitare feeder e portacontainer inseriti in rotte multiple tra Sicilia, Malta e Nord Africa. Invece oggi “le navi devono essere caricate appositamente per Trapani, perché siamo fermi agli 8 metri”.

 

Il problema non è solo sotto il livello del mare. È anche sopra. La banchina Isolella Nord, dove attraccano le portacontainer, è uno spazio ristretto, circondato da yacht e marine private. “Con vento forte, soprattutto con lo scirocco, le manovre diventano difficili”, racconta Ficara. I rimorchiatori non possono lavorare in spinta per l’assenza di fondali adeguati e possono solo tirare con il cavo. “Si va avanti finché tutto va bene, sperando che non succeda nulla”. Una frase che pesa come un macigno.

Questo quadro tecnico si è intrecciato, 48 ore fa, con un passaggio politico decisivo. A Palermo si sono seduti allo stesso tavolo la commissaria dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare di Sicilia occidentale Annalisa Tardino, il sindaco di Trapani Giacomo Tranchida, i vertici dell’AdSP, gli operatori portuali, le associazioni datoriali e le forze politiche. Dopo settimane di contraddittorio pubblico, è emersa una verità condivisa: il porto di Trapani è fermo non per mancanza di progetti, ma per blocchi amministrativi e giudiziari che non hanno tempi certi. E il rischio, questa volta, viene messo nero su bianco: investimenti privati e occupazione sono in pericolo.

 

Dal confronto sono state individuate quattro priorità, tutte urgenti. La prima è lo sblocco dei lavori fermi, chiedendo un’interlocuzione con l’autorità giudiziaria per ottenere certezze sui tempi. Senza scadenze, come ha spiegato Gaspare Panfalone di Sicindustria Trapani, gli investimenti già avviati rischiano di saltare. La seconda priorità è il completamento dei dragaggi per rendere accessibile la banchina Isolella e aumentare il pescaggio, anche valutando soluzioni temporanee come lo spostamento dei sedimenti. La terza è il nuovo ponte da 300 tonnellate sul canale di Mezzo, indispensabile per collegare le banchine Ronciglio e far arrivare i mezzi pesanti. La quarta è il salpamento del molo Ronciglio e il dragaggio delle aree limitrofe, opere strategiche ma ancora senza cantieri.

Sul fronte delle risorse, l’Autorità portuale rivendica l’attenzione su Trapani. “Dal 2017 il porto è al centro della nostra programmazione”, ha dichiarato Tardino, ricordando i 2,5 milioni di euro destinati alla progettazione del waterfront. Progettazione, però, non lavori. Dal Comune, Tranchida ribadisce la sinergia istituzionale e chiede che i finanziamenti nazionali e regionali arrivino davvero, perché “gli imprenditori che continuano a investire attendono risposte concrete”.

Nel frattempo, avverte Ficara, “molti trasportatori e compagnie stanno già scegliendo altri porti, come Gioia Tauro”. Non per mancanza di interesse verso Trapani, ma perché qui i fondali sono insufficienti, gli spazi ristretti e i tempi incerti. La sintesi è brutale: il porto ha i progetti, ma non le condizioni per funzionare. E oggi, per la prima volta, questa non è più solo una denuncia tecnica o politica. È una verità ammessa da tutti.