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16/12/2025 06:00:00

Saline di Sicilia verso l’Unesco, ma il porto resta fuori: il paradosso che divide Trapani

Le Saline di Sicilia corrono verso il riconoscimento MaB Unesco come Riserva della Biosfera, ma mentre il dossier finale viene approvato e presentato alla Camera di commercio di Trapani, emerge un paradosso che rischia di segnare l’intero percorso: si parla di candidatura di territorio, ma una parte centrale del territorio, il porto di Trapani, denuncia di non essere stata coinvolta.

Nel salone della Camera di commercio, pieno come raramente accade, il Comitato promotore ha chiuso il lavoro iniziato un anno fa. La candidatura non riguarda più soltanto le saline storiche, ma si allarga ai centri urbani e all’aeroporto di Trapani Birgi, chiamato a diventare una porta d’accesso sostenibile, con impegni su decarbonizzazione e transizione ambientale. Il dossier è ora pronto per Roma, mentre sul territorio si apre il capitolo più delicato: la governance futura della Riserva.

Il progetto viene presentato come partecipato e condiviso, costruito attraverso tavoli tecnici, incontri pubblici e questionari. Tre i pilastri indicati: tutela della natura, sviluppo sostenibile e promozione delle attività produttive locali. Dentro il Comitato ci sono Regione siciliana, Camera di commercio, Libero consorzio, Comuni di Trapani, Marsala, Misiliscemi e Paceco, Wwf. La politica regionale assicura sostegno e fondi per parchi e riserve. Si citano anche i benefici attesi: nelle aree già riconosciute Unesco, il turismo cresce in media del 14 per cento.

Ma proprio mentre si parla di sviluppo e futuro, arriva la presa di posizione dei servizi tecnico-nautici, degli operatori del porto di Trapani e degli agenti marittimi, rappresentati anche dal vicepresidente di Asamar Sicilia, Luigi Morana. Il messaggio è diretto: il porto non è mai stato coinvolto. Nessun confronto, nessun tavolo, né con l’Autorità marittima né con l’Autorità di sistema portuale.

Ed è qui che si manifesta il paradosso. Da una parte una candidatura che ambisce a rappresentare l’intero territorio, dall’altra l’esclusione della principale infrastruttura produttiva della Sicilia occidentale. Il porto non è un dettaglio marginale, ma una realtà che garantisce occupazione, fatturato e collegamenti strategici. Ignorarlo, secondo gli operatori, significa costruire una visione incompleta.

Nella loro replica chiariscono di condividere le finalità ambientali, ma contestano il metodo. «Pur condividendo pienamente le nobili finalità di tutela ambientale e valorizzazione del territorio», scrivono, «riteniamo inaccettabile che venga ignorata la più grande industria della Sicilia occidentale». Da qui la richiesta di un confronto serio sul rapporto tra Riserva e sviluppo economico, e di chiarimenti sull’applicazione della legge regionale che prevede un ente di gestione capace di tenere insieme ambiente e lavoro.

Il cortocircuito si fa ancora più evidente guardando a quanto accaduto nello stesso giorno a Palermo. Mentre a Trapani si presentava il dossier Unesco, nel capoluogo regionale si svolgeva un incontro istituzionale sul futuro del porto, con il sindaco di Trapani, il segretario generale dell’Autorità di sistema portuale Luca Lupi, le strutture tecniche, gli operatori e le associazioni datoriali. Un confronto che ha tracciato una strategia chiara: rafforzare il porto come piattaforma logistica del Mediterraneo, capace di generare nuova occupazione.

Due percorsi paralleli, entrambi proiettati sul futuro, ma che al momento non si incontrano. È per questo che nella nota degli operatori compare una frase che pesa come un macigno: «Il porto di Trapani non può e non deve essere mummificato». Tradotto: sviluppo e tutela ambientale devono procedere insieme, ma solo attraverso dialogo e coinvolgimento di tutti gli attori strategici.

La candidatura Unesco va avanti e rappresenta un’opportunità importante per il territorio. Ma la polemica aperta sul metodo rischia di diventare il vero nodo politico. Perché un progetto che nasce per unire non può permettersi di partire dividendo.