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17/12/2025 06:00:00

Rotte, clan, affari. Così la droga è sempre più la benzina della mafia in Sicilia

Nel Canale di Sicilia, i pacchi sembravano boe alla deriva.  Erano centinaia, bianchi, spinti dalle onde verso nord. Dentro, oltre due tonnellate di cocaina pura. Era la primavera del 2023.


 La Guardia di Finanza li recuperò in mare aperto, tra la Sicilia e Malta. Pochi mesi dopo, un secondo ritrovamento: stesso scenario, stesso mare, altra cocaina.
 Nessuna nave intercettata. Nessun equipaggio. Solo il mare, come frontiera invisibile del narcotraffico.

La Relazione annuale 2025 della Direzione Centrale per i Servizi Antidroga (DCSA) parte proprio da qui per fotografare un fenomeno che in Sicilia non conosce crisi.
 Nel 2024, nell’isola, le forze dell’ordine hanno sequestrato circa 700 chili di cocaina, contro le oltre 5 tonnellate dell’anno precedente.
 Un calo dell’87% che, però, non racconta la realtà: i dati del 2023 erano eccezionalmente gonfiati da quei due maxi-recuperi in mare.
 In sostanza, la droga non è diminuita: ha solo cambiato strada. Dalla Campania e dalla Calabria la cocaina arriva via terra per Palermo e Catania. Nel capoluogo siciliano viene stoccata, poi riprende il viaggio per Marsala o Mazara del Vallo, tra i principali centri di distribuzione della Sicilia Occidentale, come confermano le inchieste degli ultimi mesi. 

 

 

 

La benzina della mafia

Per Cosa nostra, la droga resta la benzina che alimenta il sistema.
 È la fonte di reddito più stabile e sicura: soldi, potere, consenso.
 La DCSA spiega che le famiglie mafiose siciliane hanno ridotto i reati tradizionali, come estorsioni e usura, per concentrarsi sul narcotraffico, che garantisce profitti enormi e rischi minori.

Il modello è quello di una rete: chi importa, chi stocca, chi spaccia.
 Un mosaico di ruoli, dai porti ai quartieri, che tiene insieme Palermo, Catania, Mazara, Trapani, Marsala.
 Le alleanze sono ormai consolidate con le organizzazioni calabresi e campane, che gestiscono i grandi canali di approvvigionamento. 
“Le compagini mafiose siciliane si servono, per i grandi approvvigionamenti, delle organizzazioni di narcotrafficanti calabresi e campani nonché di gruppi criminali contigui a Cosa nostra”, si legge nella Relazione.

Accanto ai traffici internazionali, restano attive anche le coltivazioni di canapa indiana nelle aree interne, per alimentare il mercato locale della marijuana.

È una mafia che fa affari senza sparare, ma continua a controllare territori e ricchezze.
 Una mafia più liquida, meno visibile, ma ancora capace di muovere miliardi.

 

 

 

Le rotte nel mare invisibile

Il mare è la nuova autostrada della droga.
 La DCSA la descrive come una “rotta invisibile”, che unisce il Nord Africa, l’America Latina e la Sicilia.
 Dal Sud America arrivano i container con la cocaina, spesso nascosta tra carichi legali.  Dalle coste di Tunisia e Libia partono pescherecci e barche da diporto cariche di hashish e marijuana, destinate alle coste dell’isola.

Nel 2024 il porto di Catania è stato uno degli snodi principali: circa 500 chili di cocaina sequestrati, un record decennale.
 Anche Palermo resta tra i porti dove la droga arriva o transita prima di raggiungere il mercato locale. Ma la vera partita si gioca in mare aperto.  Il Canale di Sicilia è il corridoio dove i trafficanti scaricano i carichi in acqua, per poi recuperarli con piccole imbarcazioni.
 Un sistema rodato, difficile da intercettare, che trasforma il Mediterraneo in un magazzino galleggiante.

 

 

 

La Sicilia come hub del Mediterraneo

La relazione della DCSA colloca la Sicilia al centro del narcotraffico mediterraneo.
 Non solo per la posizione geografica, ma per la capacità delle mafie locali di inserirsi nelle reti internazionali.
 I clan siciliani collaborano con le ‘ndrine calabresi e con i gruppi campani, comprando partite di droga all’ingrosso e redistribuendole in tutta l’isola.

La marijuana resta una presenza costante, insieme all’hashish proveniente dal Nord Africa.
 La cocaina è la regina dei profitti, ma cresce anche la diffusione di crack e droghe sintetiche, soprattutto nelle aree urbane.
 Nel 2024 la Guardia di Finanza di Catania ed Enna ha sequestrato laboratori e cannabinoidi sintetici, confermando l’evoluzione del mercato.

Dietro i numeri, la fotografia è chiara: la Sicilia non è solo una terra di passaggio, ma una base operativa del traffico.
 Qui si compra, si vende, si confeziona e si distribuisce.
 E la mafia continua a garantire protezione e controllo.

 

 

 

Trapani, lo snodo silenzioso

La provincia di Trapani compare nella Relazione DCSA come un’area strategica di transito e deposito.
 Non è il cuore del narcotraffico, ma un ingranaggio fondamentale della macchina mafiosa.

“Nel Trapanese si registrano sodalizi dediti alla gestione di traffici di stupefacenti, con ramificazioni che interessano anche i mercati palermitano e mazarese.”

Le organizzazioni locali, legate alle famiglie storiche di Cosa nostra, mantengono contatti con fornitori campani e calabresi per cocaina e hashish.
 Il territorio, grazie alla sua costa e ai numerosi porti pescherecci, è perfetto per il trasbordo e lo stoccaggio di partite provenienti dal Nord Africa.

Negli ultimi due anni diverse operazioni delle forze dell’ordine tra Marsala, Mazara del Vallo e Castelvetrano hanno portato a sequestri di hashish e marijuana e ad arresti per traffico e spaccio.
 La DCSA segnala anche un aumento della diffusione di crack e droghe sintetiche, segno di un mercato in espansione e di una domanda crescente.

Trapani è dunque uno snodo silenzioso, ma indispensabile: un punto di passaggio che collega il mare al mercato, i pescatori ai clan, la costa occidentale al resto della rete.

 

 

 

Un sistema che non si ferma

La Relazione DCSA 2025 è chiara: il narcotraffico in Sicilia non è in calo, è in trasformazione.
 Meno container, più mare aperto.
 Meno boss visibili, più reti di contatti.
 La mafia siciliana non ha bisogno di sparare per arricchirsi: le basta controllare un tratto di costa, un porto, una rotta.

La droga continua ad arrivare, a cambiare forma, a riempire le casse dei clan.
 E il mare, ancora una volta, resta il confine perfetto per chi sa far sparire tutto. In Sicilia, la mafia non estorce più. Traffica. E la droga resta la sua benzina.