Arringhe difensive, davanti ai giudici della Corte d’appello di Palermo, nel processo di secondo grado scaturito dall’operazione antimafia “Hesperia” andato a sentenza, al Tribunale di Marsala, il 23 luglio 2024. Si tratta del processo ordinario scaturito dall’operazione antimafia dei carabinieri del 6 settembre 2022, che vide finire in carcere o ai domiciliari presunti affiliati e fiancheggiatori di Cosa Nostra a Marsala, Mazara, Campobello di Mazara, Castelvetrano, Paceco e Partinico.
Gli indagati, in tutto, furono 35. In 27 chiesero, poi, il processo con rito abbreviato. Sette, invece, sono stati processati davanti il tribunale lilybetano. E adesso l’appello riguarda proprio loro.
In primo grado, sono stati tutti condannati, anche se alcuni capi d’imputazione sono stati riqualificati in reati meno gravi, e in qualche caso è stata esclusa l’aggravante più pesante. E cioè il “metodo mafioso”.
Lo scorso anno, la pena più dura, sette anni di carcere, è stata inflitta al 52enne marsalese Stefano Putaggio, agente immobiliare, ex attivista del M5S, accusato di estorsione, con aggravante del metodo mafioso, ad un imprenditore che si era aggiudicato, per circa 400 mila euro, un immobile ad un’asta giudiziaria. Per Putaggio, il pm della Dda di Palermo Pierangelo Padova aveva invocato 10 anni. In aula, la presunta vittima di estorsione, l’agente di commercio Giuseppe Sturiano, aveva negato di aver subito pressioni per pagare. “Non ho mai subito alcuna minaccia – dichiarò il teste quando venne chiamato a deporre - Ho pagato solo per la mediazione in un affare”. Dei richiesti 4 mila euro, avrebbe pagato la metà. Ma per gli investigatori, Sturiano sarebbe stato vittima di una estorsione commessa da Putaggio, insieme al suo socio Antonino Lombardo (deceduto nel 2023, a 70 anni, a causa di una grave malattia) e ad Antonino Raia. Un cognome “pesante”, quest’ultimo, in Cosa Nostra marsalese. A sei anni, invece, è stato condannato il 47enne Vito De Vita, nel frattempo tornato in libertà su istanza dell’avvocato difensore Giacomo Frazzitta. De Vita è accusato della cessione di una partita di droga per 1300 euro, a cinque anni ciascuno Riccardo Di Girolamo, di 46, e Filippo Aiello, di 77, a tre anni e mezzo Lorenzo Catarinicchia, di 44, anche loro tutti marsalesi, e infine ad un anno e tre mesi ciascuno, con pena sospesa, i mazaresi Nicolò e Bartolomeo Macaddino, di 64 e 60 anni, grossi imprenditori del settore ittico, per i quali l’accusa di estorsione aggravata dal metodo mafioso è stata derubricata in quella molto meno grave di esercizio arbitrario delle proprie ragioni. Ma l’aggravante è stata confermata dal Tribunale. Per questo motivo gli avvocati difensori Giuseppe De Luca e Giuseppe Tumbiolo hanno fatto ricorso, sostenendo l’assenza del metodo mafioso. E adesso il Pg della Corte d’appello ha dato loro ragione, chiedendo l’assoluzione dei due Macaddino in caso di assenza di querela delle presunte vittime. E la querela, spiegano i difensori, non è stata mai sporta. Per Aiello, infine, l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa era stata derubricata in favoreggiamento, mentre per Di Girolamo e Catarinicchia è caduta l’aggravante del “metodo mafioso”.
Lo scorso 11 novembre, il procuratore generale della Corte d’appello ha invocato la conferma di cinque delle sette condanne inflitte in primo grado. Adesso, hanno tenuto le loro arringhe gli avvocati difensori Vito Daniele Cimiotta, Giacomo Frazzitta, Giuseppe De Luca, Carrara e Villini. Il 18 febbraio, le eventuali repliche e poi un probabile rinvio per fissare il giorno della sentenza.