Trapani Shark, senza deroghe: la crisi societaria entra nel punto più delicato
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Evidente delusione in casa Shark dopo il summit cestistico. Il comunicato congiunto diramato da FIP e LBA non dà adito a dubbi di sorta. Non ci saranno deroghe o aperture per Antonini: i regolamenti in atto vanno pedissequamente rispettati e questo implica ristretti spazi di manovra per una società che sembra essersi cacciata in un “cul de sac” dal quale risulta quasi impossibile uscirne.
“Situazione da gestire con attenzione e trasparenza”, sostengono i vertici del basket. Una dichiarazione interlocutoria che taglia la testa al toro a eventuali richieste di deroghe, anche se supportate da sopravvenuti stati di crisi o da impossibilità di continuare sulla base del rispetto totale degli adempimenti previsti per legge (pagamenti Irpef e Inps) o dai regolamenti federali.
Un guazzabuglio situazionale, di difficile lettura, nel quale si dibatte una SportInvest impegnata su più fronti. Oltre a una crisi acclarata nei ritardi dei pagamenti, che hanno prodotto penalizzazioni in classifica, la società che fa capo ad Antonini è impegnata anche sul fronte della diaspora che ha già investito i vertici dello staff tecnico, con Repesa e Skelin dimissionari, aprendo una profonda voragine sulla conduzione in panchina.
Alex Latini, promosso immediatamente sul campo, non possiede il necessario patentino per guidare la squadra e i tempi di una sanatoria sembrano di lunga gittata. Si assiste quindi alla pantomima di Petrucelli, capitano del team, che oltre a dettare i tempi di gioco sul parquet deve provvedere a cambi e rotazioni, chiamare i time-out e richiedere gli instant replay agli arbitri. Roba da basket pionieristico che nemmeno nelle serie inferiori è dato vedere e che lede l’immagine di una società che, sul campo dei risultati, desta meraviglia, ma che sul piano prettamente dell’immagine, con i media nazionali che riprendono gli incontri, assume il preciso significato di un complesso destinato a una chiusura anticipata del proprio ciclo.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, dato il contesto di difficoltà, l’ultima posizione pubblica sancita da Valerio Antonini è che le attività e i campionati delle due squadre, calcio e pallacanestro, proseguiranno almeno fino a giugno. Ci sarà naturalmente da tamponare, almeno nel basket, la diaspora dei giocatori, tenuti quasi a viva forza in un progetto cui non crede più nessuno.
Chi è in possesso di un buyout tenterà di farlo valere in società e non si comprendono i motivi che hanno indotto la governance a lasciar partire Allen e a mettere fuori rosa Alibegovic, incorrendo successivamente in salatissime multe. Nel frattempo, si sarebbe potuto utilizzare Pleiss, in libro paga fino a poche settimane fa (ha trovato squadra in Germania), ma lasciato a godersi vacanze gratuite per lunghi tratti.
A mali estremi, estremi rimedi, e aver ottemperato – almeno stando alle dichiarazioni – alle scadenze del 16 dicembre lascia libero il campo verso un prosieguo in termini economici. La vera falla societaria risiede nel completamento del roster cestistico, davvero all’osso e irrispettoso dei parametri del 6+6.
Come da regolamento, le società di basket sono tenute a rispettare i parametri scelti in avvio di campionato e Trapani deve obbligatoriamente indicare a referto sei stranieri e sei italiani o di scuola italiana. L’uscita di Allen al PAOK e l’impossibilità di rimpiazzarlo, a causa del mercato chiuso imposto alla Shark, impongono alla società di cambiare formula e passare a un 5+5, di più facile attuazione, evitando così di incorrere nella multa di 50 mila euro già comminata nel match vinto con Udine.
Da qui la richiesta inoltrata alla Lega di cambiamento di formula, peraltro prevista a termini di regolamento. L’attuale roster può rispettare tale regola, essendo cinque gli stranieri rimasti e cinque i cosiddetti italiani. Tuttavia, non sono più consentiti ulteriori movimenti in uscita con parametri così stretti.
Comunque si navigherà d’ora in avanti a vista e solo con progetti a scadenza immediata. Le difficoltà gestionali sono note a tutti e a nulla sono valse le docce scozzesi imposte da Antonini a tutto l’ambiente. Si passava disinvoltamente da “va tutto bene, madama la marchesa” a un più che tenebroso “mi ritiro e trasferisco altrove il campo di gioco”.
Un clima insostenibile per tutti, ma soprattutto per una tifoseria che ha adempiuto ai propri compiti sottoscrivendo 3.500 abbonamenti e assicurando il sold-out al PalaIlio, oltre a un massiccio sostegno alla squadra nelle trasferte. Se fibrillazioni ci sono state, le responsabilità vanno ricercate in una gestione arrogante e verticistica della governance.
E se si è debordato, passando a insulti diretti e a uno scontro quasi fisico tra le parti, si ritiene che, se un passo indietro doveva essere fatto, questo fosse di esclusiva pertinenza del massimo responsabile societario. Se si è arrivati quasi allo scontro fisico, evidentemente non ha funzionato la cosiddetta safety, ovvero la messa in atto di tutte le misure strutturali e gestionali per garantire l’incolumità delle persone.
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