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22/01/2020 08:21:00

La condanna a Rino Giacalone per l'insulto. Fava e Giulietti: "Vicenda preoccupante"

 Si è svolta a palazzo dei Normanni, sede dell’Ars, la conferenza stampa congiunta di Claudio Fava, Presidente della Commissione regionale antimafia e di Beppe Giulietti, Presidente della Federazione Nazionale stampa italiana, sul caso di Rino Giacalone, il giornalista condannato per diffamazione dalla Corte di Appello di Palermo per aver definito “un pezzo di m***” il boss deceduto di Mazara del Vallo Mariano Agate.

Su questa vicenda, potete leggere qui l'editoriale del direttore di Tp24, Giacomo Di Girolamo

“Abbiamo ritenuto che questa fosse la cornice più giusta per esprimere qualche preoccupazione non tanto su una sentenza- ha affermato Claudio Fava in apertura del suo intervento- ma sugli effetti che alcune sentenze possono produrre nei confronti della vostra professione e penso alla vicenda di Rino Giacalone e alla condanna che lo ha visto soccombere per avere offeso la memoria del capomafia Mariano Agate. La richiesta di pena detentiva che era stata presentata dall’accusa la consideriamo una richiesta particolarmente forte dal punto di vista simbolico. Forse le pene detentive nei processi per diffamazione andrebbero definitivamente tolte dalla cassetta degli attrezzi della Giustizia italiana”.


Per il deputato regionale c’è da essere preoccupati perché questa “è una sentenza che decontestualizza, Rino Giacalone è uno dei pochi giornalisti che a Trapani – negli anni in cui si era usi ad obbedir tacendo- abbia avuto l’ardire di scrivere di mafia e non solo, ha raccontato ad esempio le formidabili carriere straordinarie e sospette dei notabili della politica locale. Considero la punizione inflitta a Rino Giacalone, decontestualizzata da ciò che è accaduto in quella provincia, una sentenza che propone elementi di preoccupazione”.


Nell’udienza Giacalone aveva reso spontanee dichiarazioni. “L’ho fatto com’è evidente- citando Peppino Impastato, attraverso il ricorso alla figura retorica della sineddoche: per criticare la mafia nella sua interezza, ho fatto incidentale riferimento ad un suo componente”, ha affermato il giornalista- citando un’espressione di Peppino Impastato: “La mafia è una montagna di merda” dinanzi alla corte presieduta dal giudice Dario Gallo.

“Non mi sembra- ha affermato Fava- che ci sia stata un’azione civile per danni che sia stata presentata dalla Commissione di Cosa Nostra nei confronti di Peppino Impastato che aveva definito la mafia una montagna di merda, si scelse nei suoi confronti la via più rapida e più breve. Dal punto di vista della sintassi giornalistica noi pensiamo che possa essere un fatto di poca eleganza avere definito Mariano Agate un pezzo di merda ma non crediamo che ci sia una colpa così grave nell’uso di questo linguaggio se proviamo a raccontare cosa è accaduto, quando è accaduto, dove è accaduto e chi sono i protagonisti di questa storia”.


Per Beppe Giulietti questa è un’ “iniziativa istituzionale, non una manifestazione. Chi ha voglia può rileggere la relazione della Commissione Antimafia precedente Bindi - Fava perché il documento più completo sulle minacce portate ai cronisti sta nel documento della precedente legislatura che affrontava in tempi non sospetti a prescindere da qualunque caso individuale il tema del carcere ai giornalisti, delle querele bavaglio, delle minacce economiche e legislative nei confronti dei cronisti. Tutte le indicazioni di quella Commissione, sono cinque mi pare, non hanno trovato accoglienza legislativa. Basterebbe tradurre le cinque disposizioni proposte dalla Commissione antimafia nella sua relazione. Quelle cinque indicazioni servono a liberare i giornalisti dalle minacce quotidiane”.


Ritornando sul tema della richiesta di detenzione per il giornalista Giacalone, Giulietti ha affermato: “ la richiesta del carcere è pericolosa, lasciando da parte il fatto che poi è stata comminata solo la sanzione, ma la sola idea di riproporre la previsione del carcere vorrei che venisse valutata con grande attenzione anche aprendo una discussione tra i magistrati italiani anche all’interno dei loro organismi, perché l’Europa ci ha mandato a dire in più occasioni di levare il carcere per il reato di diffamazione. Non è una richiesta dei giornalisti, l’Europa ha più volte segnalato all’Italia che l’Italia mantiene la previsione del carcere e questa previsione non è condivisa dalle istituzioni europee. Ad aprile la Corte Costituzionale si pronuncerà sulla liceità della previsione del carcere”.


Durante la conferenza stampa il discorso da Giacalone si è allargato al tema più generale della necessità di difendere tutti i giornalisti- il più delle volte sottopagati e sfruttati- che con le loro inchieste sulla criminalità e la mafia rischiano tutti i giorni la vita e che purtroppo non conosce nessuno.