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23/01/2024 06:00:00

Porto di Selinunte, le stranezze e i milioni di euro

 Ci vorranno 731 mila euro per smaltire 7 mila metri cubi di posidonia tirata fuori dal porticciolo di Marinella di Selinunte.

 

La bonifica effettuata qualche anno fa e le opere di “potenziamento” del porto erano invece costate (varianti comprese) più di 800 mila euro. Ma i soldi letteralmente buttati a mare, nel corso dei decenni, superano di molto i due milioni di euro. E se oggi ad occuparsene è la Regione Siciliana, prima dello scioglimento del comune per mafia, non si sa perché, gli interventi li aveva sempre fatti il comune di Castelvetrano. Soldi impiegati (quasi sempre in “somma urgenza” e dunque senza gara d’appalto) non solo per pulire il porto dalla continua invasione di sabbia e posidonia, ma anche per tentare di risolvere il problema alla radice, pur se con scarsissimi risultati. Dal 2009 al 2012 si sono spesi più di 300 mila euro per le bonifiche. Ma anche 86 mila euro per creare un buco nel molo dal quale la posidonia sarebbe dovuta uscire, 30 mila euro per una saracinesca da alzare e abbassare secondo le correnti, 12 mila euro per modificarla, visto che si fermava a pelo d’acqua senza arrivare fino in fondo. Come non ricordare i quasi100 mila euro per una gru che doveva servire a movimentare le barche, ma che non è stata mai utilizzata perché troppo bassa? Più di 5 mila euro poi per ripararla, dopo l’azione delle intemperie che ne aveva danneggiato il motore, prima di dismetterla definitivamente nel 2013.

 

Un porto che è stato, e continua ad essere, una gallina dalle uova d’oro che da qualche anno ha cambiato allevatore.

 

Certo, pagare 731 mila euro per lo smaltimento della posidonia ha fatto storcere il muso a tanti. Attenzione però, perché la cifra si riferisce a quella già tirata fuori qualche anno fa e stipata temporaneamente presso il vecchio polo tecnologico a Castelvetrano. Era in attesa di essere smaltita in discarica autorizzata ed è arrivato il momento.

Non è invece arrivato il momento dell’altra bonifica. Sì, perché il porto ci ha messo poco ad intasarsi di nuovo, facendo inferocire i pescatori costretti a lavorare in condizioni proibitive. E allora, dopo diverse proteste, la Regione Siciliana ha deliberato altri 200 mila euro per l’ennesimo intervento. Che però, dopo diversi mesi, non è ancora iniziato. Ma stavolta chi, tra i pescatori, ha protestato (Giacomo Russo) è stato silenziato: l’onorevole Nicola Catania ha sottolineato che chi li accusa “sconosce i tempi amministrativi e tecnici per affidare i lavori”, ricordando che questi non sono ancora iniziati perché “di comune accordo con la marineria” si è scelto di “sospenderli per la stagione estiva e di iniziarli in autunno”. Infine si è chiesto se questo pescatore (riferendosi a Russo) “si erge arbitrariamente a portavoce di tutti senza averne titolo, magari su suggerimento di qualcuno”.

A dare manforte all’onorevole è spuntata una neonata associazione, Borgo Selinunte, composta da alcuni (ancora non sappiamo quanti) pescatori, che si sono affrettati a prendere le distanze da Russo, non riconosciuto come loro rappresentante, soprattutto per le accuse di inerzia mosse all’onorevole Catania e all’assessore Aricò. Almeno, questo è quanto ha comunicato Gaetana Matteucci, presidente di quest’associazione nata per la tutela dell’identità storico-culturale di Marinella.

 

Inoltre, in un recente virgolettato dell’onorevole Catania diffuso dalla stampa locale, si legge:

 

In un intervento di riqualificazione del porto esistente bisognerà prevedere anche iniziative ecosostenibili in tema di economia circolare, provvedendo, dove possibile, anche al recupero della posidonia spiaggiata e depositata in area portuale, collocandola e trattandola in area dedicata limitrofa al porto, limitando al minimo i costi di trasporto e smaltimento, ad oggi esorbitanti”.

Peccato però che la posidonia che più preoccupa non sia quella spiaggiata, ma quella che va a finire dentro l’acqua del porto (rimanendovi spesso per diversi mesi, se non anni). E lì c’è davvero poco da trattare, visto che periodicamente dentro quell’acqua va a finire il cosiddetto sovrappieno delle vicine vasche di raccolta fognaria. Chi avrebbe il coraggio di togliere i rifiuti aggiuntivi, tipo bottiglie ed altro, ributtando tutto in mare (o, più opportunamente, aspettando che il mare si porti via tutto)?

 

Non è così facile risolvere il problema dei costi di smaltimento della posidonia, spina nel fianco del comune nei decenni passati. Come faceva il comune a farvi fronte?

 

Con la creatività. Nell’aprile del 2009, l’impresa che svolgeva la bonifica aveva tentato di gettarla in mare dall’altra parte del molo, ma era stata denunciata dall’Arpa insieme a quelli del comune, anche se tutto si risolse “dimostrando” che ne avevano buttato solo un pochino, giusto per liberare una barchetta imprigionata dalla posidonia. Nel maggio del 2012, invece la buttarono in un campo di ulivi, facendo morire trenta alberi. Furono denunciati dalla Forestale, ma ne uscirono “dimostrando” che il sito era temporaneo e che a breve tutto sarebbe stato trasferito a discarica autorizzata.

L’ufficio tecnico ai tempi della sindacatura Errante, fece di più: un deposito temporaneo in una via nella periferia di Castelvetrano, a più di 12 chilometri da Marinella di Selinunte. Una strada senza uscita intestata all’ex capo della Polizia Antonio Manganelli e mai realizzata completamente in cui, a pochi metri dai margini della carreggiata, vennero depositate diverse tonnellate di posidonia tirate fuori dal porto. Nell’ordinanza del sindaco si leggeva chiaramente che i cumuli, alla fine della stagione estiva, sarebbero stati ricollocati nel posto originario. Non di nuovo dentro le acque del porto, ma sulla spiaggia, in modo da evitare “l’erosione delle coste”. Inutile dire che la posidonia, dopo quasi dieci anni, è ancora lì, irriconoscibile perché mischiata con terra ed altri tipi di rifiuti. Insomma, un altro modo per non pagare lo smaltimento a discarica autorizzata.

 

Però, in quanto a creatività, anche la Regione Siciliana sembra non essere da meno. Per esempio nell’uso delle parole.

 

I recenti documenti regionali parlano di “potenziamento” del porticciolo turistico e di “consolidamento delle opere strutturali esistenti”, laddove invece sarebbe stato più sensato parlare di ricostruzione di una banchina crollata a causa di un intervento comunale fatto male sull’impianto fognario nel 2010 (ne avevamo scritto qui). Ecco, dire e non dire.

Perfino quando si parla di “illuminazione ed adeguamento dei pontili”: i pali della luce sono stati installati, è vero, ma soltanto nella banchina di terra, il molo che racchiude lo specchio acqueo è rimasto al buio. Così come i pontili dello stesso molo, sono rimasti esattamente come prima, nessun adeguamento. Perché? Sarà forse che quella parte di porticciolo è abusiva?

Certo, che il porto fosse abusivo l’aveva già rivelato prima del 2012 l’allora sindaco Gianni Pompeo,  “è difficile far funzionare una cosa abusiva” aveva detto. Soprattutto il molo di levante, nato tanti anni fa come semplice frangiflutti e poi diventato parte principale del perimetro del porto.

 

Dopo dieci anni non è cambiato nulla. Il prossimo passo? La bonifica già programmata da 200 mila euro, con gli altri costi aggiuntivi per lo smaltimento che l’intervento comporterà. Poi si aspetterà il prossimo intasamento. E il ciclo ricomincerà.

 

Egidio Morici