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07/02/2024 06:35:00

Da Trapani a Potenza e Roma, i Cpr tra morti invisibili e “sistema”

 Erano le tre di notte del 4 febbraio, l’ultima volta che Ousmane Sylla è stato visto vivo. Pregava di tornare a casa da sua madre e dai suoi fratelli. Poi il suicidio al Cpr di Roma, dove era stato trasferito dal centro di Trapani, in seguito all’incendio di gennaio.

 Lui è il numero 14 degli “invisibili”, “morti “di e nel Cpr”, negli ultimi cinque anni. Anche Ousmane, come tutti i migranti trattenuti nei centri, era privo di un documento valido per il soggiorno nel territorio europeo. Indietro, pur volendo, non poteva tornare. Tra Guinea e Italia non c’è alcun accordo bilaterale per il rimpatrio.

A raccontare la sua storia è l’avvocato Giuseppe Caradonna che, contattato dagli operatori del cpr di Milo per le condizioni di Ousmane, chiese di acquisire una relazione dettagliata sulle condizioni del ragazzo.  

Ousmane a soli 22 anni, e in Italia da quando ne aveva 16, “andava in escandescenze e non era gestibile”. A quelli come lui, per calmarli, nei Cpr c’è chi somministra psicofarmaci di nascosto o con l’utilizzo della forza e, comunque, senza il consenso informato dei “pazienti”. Come accadeva a Palazzo San Gervasio, provincia di Potenza. Qui, come raccontato in un servizio di Striscia la Notizia, c’era un vero e proprio sistema di controllo dei trattenuti basato sull’uso/abuso di psicofarmaci da parte di chi doveva tutelare le persone e i loro diritti umani.   Anna Restivo