
Lo sguardo di Cristo e la memoria di Sebio De Bartoli nelle parole di Salvatore Cusimano
Articoli Correlati:

Continuano i messaggi di cordoglio e i pensieri affettuosi per Sebio De Bartoli, imprenditore e artista marsalese, scomparso sabato all’età di 47 anni. A unirsi al coro di ricordi è anche Salvatore Cusimano, che lo ha conosciuto sin da bambino, essendo amico intimo della famiglia e testimone di nozze dei suoi genitori, Marco e Flavia. In occasione dell’esposizione del Crocifisso realizzato da Sebio viciano al santuario di Santo Padre delle Perriere, Cusimano ha scritto un toccante testo che intreccia arte, spiritualità e memoria personale. Un omaggio profondo e delicato a un uomo che ha saputo trasformare la materia in riflessione e testimonianza. Di seguito il testo integrale.
Conosco Sebio da quando era bambino. È cresciuto bello come un attore. Se fosse nato negli Stati Uniti avrebbe di sicuro interpretato film western. Del resto in inverno portava sempre (non so se lo faccia ancora) una giacca di daino lunga che lo faceva sembrare uno dei protagonisti delle pellicole di Sergio Leone. Dal padre Marco, indimenticato nostro amico, un fratello di poco maggiore, ha preso la tenacia, dalla mamma Flavia da decenni cara e affettuosa amica della nostra famiglia, la forza creativa. Accanto sono i suoi congiuti, i fratelli Renato e Gipi, ma anche la moglie, i figli, i cognati e i nipoti.
Sebio vi ha detto poco fa della sua sofferenza e del ritorno alla scultura. Lui non l’ha mai definita tale in effetti. Con la sua naturale umiltà l’ha definita fare una cosa. Le sue mani si sono mosse e si muovono più come quelle di un artigiano, al quale piace maneggiare la materia, tanto più se è povera, tanto più se viene dal suo mondo, le campagne di Samperi o Pantelleria, gli ulivi che ne affollano, insieme alle vigne, gli ettari che si estendono a perdita d’occhio o il tufo delle vecchie cave che si ritrova a poche decine di centimetri sotto la terra fertile di queste contrade.
Da ragazzo già cercava una forma in quelle materie povere. Un volto, una ciotola, un animale (adesso non ricordo con precisione tanto era consueto ritrovare questi manufatti su mobili o negli angoli delle terrazze). Una presenza naturale della quale neppure meravigliarsi. Ma in cantina, su una parete grigia che porta a uno studio con una finestra che consente di guardare l’orizzonte, ci sono delle presenze inattese. Sculture affisse al muro. Altri crocifissi. La scoperta e la domanda sul Cristo dunque non è legata al momento sofferente che Sebio sta vivendo. Quella domanda, magari indefinita in tutte le sue sfumature, urgeva già dentro il suo cuore. Non ho mai avuto modo di discutere di fede e religione con lui. Non ne avevo bisogno perché in tutto il suo agire c’è sempre stata una forte spiritualità.
Il crocifisso che ci guarda in questo anfiteatro ci pone la stessa domanda.
Non sono un teologo. E del resto condivido l’opinione di illustri studiosi che hanno scritto che Cristo non troverà mai un teologo degno di lui.
Di Gesù noi abbiamo una idea che difficilmente riesce a prescindere dalla sua rappresentazione, dalla preghiera privata, dalla esperienza personale che ognuno fa del suo rapporto con Cristo, per chi ha la fortuna di averlo, ma anche dalla letteratura, dalla filmografia, dall’arte. Quanti di voi pensando al Cristo hanno negli occhi quello di Zeffirelli, o di Pasolini, o quello dell’immaginetta regalata dai nonni o dai genitori e portata nel portafogli o affissa sopra il letto.
Il Crocifisso di Sebio cosa ci mostra: non la scena proposta dall’affresco di Cimabue nella basilica di San Francesco, dove a riempire la rappresentazione ci sono due popoli contrapposti, da una parte coloro che piangono per il sacrificio estremo, dall’altra chi inneggia invece allo spettacolo della crocifissione. E già questo dovrebbe farci riflettere e non poco, anche come laici, su chi plaude alla morte. Questo corpo scarno, esposto, senza croce ne spine, richiama forse più la deposizione riproposta dai fiamminghi nel quattrocento, o la drammaticità dei tedeschi del ‘500. Il mistero che l’espressione di questa opera lignea che ha assorbito l’infinità del bronzo ci porta più a Velasquez che ha preferito celare l’espressione del volto dell’uomo in croce con un ciuffo di capelli che ne copre gran parte dell’immagine, perché è vero che qualsiasi nostra definizione di Cristo è inadeguata, possiamo dire più ciò che non né che ciò che è, e ogni affermazione su di lui, ammettono i filosofi, deve essere bilanciata dalla corrispondente negazione perché il suo senso più profondo e per noi imperscrutabile. Supera ogni categoria umana. Del resto pensate alla contraddizione insanabile per la nostra capacità finita di ragionare fra un essere che è allo stesso tempo pienamente umano e pienamente divino. Ci sono state eresie e conflitti secolari dentro la Chiesa (per tutti quelli fra l’ebionismo e il docetismo, il primo sostenitore dell’esclusiva natura umana di Cristo sulla quale col battesimo è sceso lo spirito santo, e l’altro invece che affermava la sola natura divina di Cristo, e il suo essere solo in apparenza un essere umano, la cui corporeità è di natura celeste).
Ma il Crocifisso di Sebio, posto in questo spazio senza arredi, su una pietra segnata dal tempo e dalle mani dell’uomo, con un corpo, che come ricorda l’autore, ha una figura quasi androgina, ci richiama allo scandalo di Cristo, alla sua vitale dimensione umana, alla sua scelta, condivisa con il Padre, di nascere uomo da una donna, di scendere ad inferos, per salvare i derelitti, le vittime della persecuzione, del tradimento, della sofferenza, della solitudine, della guerra, persino i dannati e gli assassini e per questo si è fatto carne. E come ricorda Paolo nella lettera ai Filippesi facendosi mortale accettò di soffrire, non solo sulla carne, ma anche nello spirito, accettando il tradimento, la mancanza di solidarietà e di amicizia. Sopportando con lo sguardo rivolto a chi ne aveva deciso il sacrificio la condanna del Tempio perché è stato il Tempio a condannare Gesù, il Sinedrio, gli scribi, i sacerdoti, la teocrazia.
Lo sguardo del Cristo Crocifisso di Sebio ricorda a tutti, credenti e non credenti, a chi è baciato dalla fede e a chi si pone l’eterna domanda sul senso della vita senza riuscire a dare o avere una risposta, che dietro di lui, fra le venature di quella pietra antica, mentre lui invoca ELOI ELOI LAMMA’ SABACHTANI, Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato, quindi al massimo della sua umanità dolente, a sorreggerlo ci sono i poveri del mondo, i bambini violati dalle guerre e dall’orrore, le donne private di rispetto e dignità, i malati, le anziane e gli anziani di cui nessuno si cura, gli uomini che lavorano senza futuro, l’umanità che non intravede speranza. Quel mondo e quella storia che conosciamo bene e che non possiamo dimenticare e il Cristo, col suo sguardo dolce e antico, le sue mani grandi lo ricorda ai laici e ai credenti. Un grazie dunque a Sebio e don Giuseppe per aver accettato questo dono e aver consentito di condividerlo. Vi e mi auguro di pensare allo sguardo del Cristo e di avere, grazie anche a questo ricordo, uno sguardo diverso sui vostri affetti e l’umanità che ci circonda. Ringrazio per queste riflessioni anche un teologo vero Nino Fasulo, fondatore e direttore della rivista Segno, dei Padri Rogazionisti a Palermo che mi onora della sua interlocuzione e non mi ha mai fatto sentire, io laico, lontano dalla sua Chiesa e dalla sua idea di Cristo.
Salvatore Cusimano

Enzo Tortora, un italiano per bene: serata evento agli Opifici Culturali Bianchi
Una serata per restituire profondità a una figura troppo spesso ridotta a simbolo. Venerdì 11 luglio, alle ore 21:00, gli Opifici Culturali Bianchi ospiteranno Francesca Scopelliti, giornalista e compagna di Enzo Tortora negli ultimi...

Pavimenti esterni in pietra, scelta perfetta per la villa o la seconda casa
Se si sta pensando a una ristrutturazione della villa o della seconda casa, la scelta dei pavimenti esterni rappresenta un elemento fondamentale per coniugare funzionalità, estetica e durabilità. I pavimenti in pietra naturale sono la...

Federico Buffa apre la rassegna “Caro Maestro” alle Cantine Fina con “Italia Mundial”
Il 18 luglio 2025, alle Cantine Fina di Marsala, parte la rassegna culturale “Caro Maestro” e a inaugurarla sarà uno dei narratori più amati dal pubblico italiano: Federico Buffa, in scena con “Italia Mundial”,...