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27/06/2025 06:00:00

Acqua in Sicilia: infrastrutture al collasso e perdite fino al 70%, La situazione a Trapani

 In Sicilia l’acqua c’è, ma si perde per strada. O nelle pieghe di una gestione frammentata, inefficiente, spesso miope. È quanto emerge dal Forum Acqua Sicilia organizzato da Legambiente, che ha acceso i riflettori su un tema diventato ormai emergenza cronica: la gestione idrica in una delle regioni italiane più colpite dalla crisi climatica.

Una crisi strutturale, non solo climatica

La Sicilia è ufficialmente un “hotspot climatico del Mediterraneo”, colpita da ondate di calore sempre più frequenti e da un netto calo delle precipitazioni. Ma la vera emergenza è quella gestionale: dighe interrate dai sedimenti, invasi mai collaudati, reti idriche obsolete con perdite fino al 70% e investimenti che si arenano nei meandri della burocrazia.

Nonostante la presenza di 46 grandi e medi invasi con una capacità complessiva superiore al miliardo di metri cubi, oltre il 60% dell’acqua si perde nelle reti di distribuzione, soprattutto nei sistemi irrigui. La gestione della risorsa è affidata a una galassia di enti pubblici e privati (Siciliacque, Enel, Consorzi di Bonifica, DRAR), spesso privi di coordinamento e trasparenza. Tra i problemi più gravi: mancata manutenzione, invasi non collaudati, mancanza di strategie di depurazione e utilizzo razionale delle risorse.

La Legambiente, nel corso del Forum, ha proposto una serie di soluzioni per uscire dall’impasse:

- una governance unica e integrata del sistema idrico regionale;

- una tariffazione equa e uniforme, basata su una reale disponibilità della risorsa;

- il potenziamento della rete di depurazione per riutilizzare le acque reflue anche a fini irrigui;

- investimenti strutturali sulla manutenzione degli invasi e delle reti;

- la fine dell’uso dell’acqua potabile per scopi industriali e agricoli;

i- l monitoraggio costante delle falde acquifere;

- l’adeguamento al quadro normativo europeo in tema di acqua pubblica.

La situazione in provincia di Trapani
Nel complesso scenario regionale, la provincia di Trapani si distingue per alcuni dati meno negativi rispetto ad altri territori, ma anche per criticità marcate. Trapani, capoluogo di provincia, è il più "virtuoso" tra i nove capoluoghi siciliani in termini di dispersione idrica, con una perdita stimata intorno al 27%, a fronte di una media regionale ben più alta: a Siracusa, ad esempio, si arriva al 65%.

 

 

Tuttavia, anche nel trapanese non mancano emergenze. Nel 2024, la città di Trapani ha subito una riduzione dell’erogazione idrica per 180 giorni su 365, ovvero per la metà dell’anno. Razionamenti che hanno colpito anche Comuni dell’entroterra e della costa sud, aggravando disagi e proteste tra i cittadini. A Castelvetrano, la vicenda della diga Trinità di Delia – svuotata per mancanza di controlli sismici – rappresenta l’emblema del paradosso siciliano: invasi pieni ma inutilizzabili.

 

 

Il report Goletta dei Laghi: qualità a rischio

Legambiente ha monitorato quattro laghi siciliani: Piana degli Albanesi, Soprano, Pergusa e San Giovanni (o lago di Naro). Cinque punti su sei risultano entro i limiti, ma la foce del fiume Naro – affluente della diga San Giovanni – è “fortemente inquinata”, con livelli di Escherichia coli oltre soglia. Un dato allarmante, se si considera che questi invasi servono per uso potabile e agricolo.

Infrastrutture e fondi: l’occasione sprecata

La Sicilia ha ricevuto, tra 2010 e 2020, quasi 5 miliardi di euro per investimenti nel settore idrico. Ma solo il 7,5% di queste risorse ha portato alla realizzazione di opere concluse. Gli stanziamenti più recenti (PNRR, FESR e fondi regionali) ammontano a circa 2 miliardi di euro, ma le opere reali restano poche. Tra i progetti finanziati: tre dissalatori mobili da 100 milioni di euro, un piano da 250 milioni per le dorsali idriche e interventi sparsi di manutenzione e potabilizzazione.

 

Cristina Ciminnisi (M5S): “I dissalatori non sono la soluzione”

Presente al Forum anche la deputata regionale del Movimento 5 Stelle, Cristina Ciminnisi, che ha criticato la scelta del governo Schifani di puntare sui dissalatori mobili:

“Un’operazione dispendiosa sul piano economico, fragile sul piano tecnico, e insostenibile sul piano ambientale. Serve un cambio di rotta deciso: investimenti sulle reti, manutenzione degli invasi, tutela delle falde e riuso delle acque reflue. Lo diciamo da sempre, non smetteremo di farlo”.

 

 


Acqua, un diritto: ma in Sicilia ancora un privilegio

In una terra dove il sole splende quasi tutto l’anno, l’acqua non dovrebbe essere un lusso. E invece lo è. Tra dighe dimenticate, reti colabrodo e fondi bloccati, la Sicilia continua a inseguire un diritto che altrove è garantito: l’accesso equo, continuo e sicuro all’acqua.

Un’emergenza che non ha più scuse né tempo. Perché senza una gestione pubblica, trasparente e lungimirante della risorsa idrica, il rischio è che la “sete” dei siciliani diventi permanente.