Sicilia. Il caso Galvagno si allarga. Il governo Schifani nella bufera
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16.30 - Gaetano Galvagno non fa passi indietro. Il presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana, indagato per corruzione dalla Procura di Palermo, ha scelto la linea della resistenza: “L’Ars deve andare avanti”, ha dichiarato al termine della seduta d’Aula straordinaria convocata per oggi pomeriggio. Seduta voluta anche da lui stesso, per “mettersi a nudo” davanti ai deputati regionali, come ha detto nel suo intervento iniziale. Ma che si è trasformata in un acceso confronto politico tra garantismo, moralità della carica pubblica, e accuse di linciaggio mediatico.
La seduta si è aperta alle 14, con Galvagno che ha ceduto la conduzione al vicepresidente Nuccio Di Paola, proprio per evitare – ha spiegato – “di condurre un dibattito che mi vede personalmente coinvolto”. Presenti in aula anche il presidente della Regione Renato Schifani e diversi esponenti della giunta.
Nel suo intervento, Galvagno ha ripercorso le tappe dell’indagine a suo carico, ha rivendicato di essersi sempre reso disponibile ai magistrati, e ha criticato la diffusione di atti che sarebbero coperti da segreto istruttorio: “Dai giornali apprendo cose che nemmeno io ho a disposizione. In molti hanno avuto accesso a documenti che non dovrebbero circolare”.
L’inchiesta lo riguarda direttamente, insieme a esponenti del suo staff e all’assessora regionale al Turismo Elvira Amata, anche lei di Fratelli d’Italia, e anche lei indagata. Ieri si è dimessa la sua portavoce, Sabrina De Capitani, coinvolta nell’indagine.
Galvagno ha ribadito la sua intenzione di restare alla guida del Parlamento: “Qualcuno mi chiede un passo indietro, altri due avanti. Se domani decidessi di dimettermi darei peso a un messaggio veicolato dai social, più che alla Costituzione”. Ha poi ringraziato i colleghi e il presidente Schifani per la presenza, parlando di “emozione forte” ma anche di “dovere verso l’Istituzione”.
Numerosi gli interventi dei deputati. Tra i più critici, Antonino De Luca (M5S), che ha chiesto a Galvagno di riflettere su un’eventuale sospensione per “preservare la dignità dell’Ars”. Dure anche le parole di Ismaele La Vardera (Controcorrente), che ha chiesto le dimissioni di Galvagno e dell’assessora Amata, parlando di una “questione morale che viene prima della politica”.
Di segno opposto gli interventi del centrodestra. Giorgio Assenza (FdI) ha parlato di “stillicidio mediatico” e “gogna” contro Galvagno, mentre Carmelo Pace (Dc) ha definito il presidente dell’Ars “persona onesta, perbene e scrupolosa”. Per Stefano Pellegrino (Forza Italia), “questa non è un’aula di giustizia” e il dibattito stesso è apparso “irrituale”. Solidarietà anche da parte di Salvo Geraci (Lega) e Gianfranco Miccichè (Misto), che ha ricordato la sua personale esperienza giudiziaria per uso improprio dell’auto blu.
In mezzo, le parole del presidente della Commissione Antimafia, Antonello Cracolici (Pd), che ha sottolineato come “non tutti i giornali siciliani hanno parlato di questa inchiesta”, evidenziando la necessità di affrontare anche “una questione politica” legata alla gestione dei fondi pubblici e alla trasparenza amministrativa, in particolare nel settore del turismo.
Galvagno, intanto, va avanti. Ma l’inchiesta – e il clima attorno alla sua figura – è tutt’altro che archiviata.
07,00 - E’ convocata per oggi alle 14.00 la seduta all’ARS, il presidente Gaetano Galvagno riferirà sulle circostanze che lo vedono indagato per corruzione. Le indagini non sono chiuse ma pare che i filoni siano più di uno, c’è pure Elvira Amata tra gli indagati, si tratta dell’attuale assessore al Turismo, sempre in quota FdI.
Si dicono tutti sereni, che attendono l’esito delle indagini ma intanto c’è una questione di opportunità e di grande imbarazzo che viene portata dall’esterno all’interno delle Istituzioni.
E’ Marcella Cannariato a presentarsi come donna bene di Palermo, imprenditrice che è a fianco delle donne vittime di violenza, che parla di ascensore sociale, che lotta per i diritti dei più fragili, che organizza eventi di beneficenza, e lo fa con i soldi pubblici. Quelli, insomma, dei siciliani. Quindi a fare la beneficenza siamo stati tutti. La Cannariato riesce in questo grazie al sostegno della portavoce di Gaetano Galvagno, Sabrina De Capitani, attraverso altri amici che si ritrova nei vari gabinetti. E’ una indagine, e quindi vale per tutti la presunzione di innocenza. C’è però nello spaccato delle intercettazioni una certa spregiudicatezza nell’arraffare quanto più possibile per far emergere la propria figura. Vanità per vanità.
La Cannariato, moglie di Tommaso Dragotto, non è mai stata una semplice imprenditrice. Mai. Maneggia potere, gode di amicizie importanti, è sempre stata vicino a qualche politico, a destra come a sinistra, e ne ha tratto risultati con nomine e incarichi. Ora ha messo in imbarazzo un intero governo. Con una indagine che è destinata a trascinare dietro di sé molte cose ancora.
Ha avuto ragione ad offendersi Renato Schifani al concerto di beneficenza di Gigi D’Alessio, su quel palco è passato il ringraziamento e il messaggio che solo la Fondazione Dragotto sborsasse i soldi per la realizzazione del Poliambulatorio pediatrico per malattie rare. La Regione ha messo 500mila euro, gli altri soldi arrivano dallo sbigliettamento. Uso e consumo di una immagine che trae beneficio da soldi pubblici. Lo diranno i magistrati a cosa porta tutto questo.
Di certo c’è un perimetro politico che non può essere ignorato, la cui soglia è stata abbondantemente superata.
Non è ingenuità
Si potrebbe derubricare quanto accaduto ad un fatto di ingenuità del presidente Galvagno ma così non è. E’ giovane ma è un politico navigato e acuto, conosce fatti, cose e persone. Ha (forse?) commesso qualche leggerezza per eccesso di fiducia. Certo, verrebbe da chiedersi come si possa pensare di affidare la propria vita politica in mano ad una portavoce, che a sua volta è stata lì piazzata da altri. Una donna che accresceva il suo di potere, che lavorava per la figura istituzionale chiamata a rappresentare solo quando non era troppo occupata a farsi i fatti propri. Potere, donne e soldi, sono elementi che hanno fatto cadere sul campo Galvagno. Lo sapremo dopo se si è trattato di un sistema costruito scientemente, ma ad oggi sappiamo che questo modo di fare politica è da condannare.
E’ il gioco delle parti, la politica guarda agli imprenditori come bacino elettorale e crescita di consenso, l’imprenditore guarda il politico per tornaconto. In questo gioco qualcuno si è fatto male. Indipendentemente dalle indagini c’è un effetto mediatico molto forte e impattante nell’opinione pubblica per Galvagno.
Cercasi etica
Un quadro in regalo per la De Capitani, biglietti gratis, un posto al Cda di Sicily by Car per il compagno(non indagato), un vestito per Galvagno e biglietti omaggio per vari concerti per la famiglia(come se non potesse comprarli da solo). Questo è solo una minima parte di quello che oggi è noto, ma fanno parte di quella cosa che in politica è stata dimenticata: l’etica. È una bussola che orienta le scelte pubbliche, è trasparenza, è giustizia sociale. Etica significa evitare il compromesso facile che sacrifica i valori sull’altare del consenso. Paradossalmente è pure un vantaggio: rafforza le istituzioni. Insomma è tutto ciò che la De Capitani non ha saputo mettere in campo.
La richiesta di dimissioni, trema il governo
Ismaele La Vardera e Antonio De Luca del M5S hanno chiesto a Galvagno di riferire in Aula, ma il leader di Controcorrente ha chiesto pure il passo indietro: dimissioni per il presidente dell’ARS, revoca dell’incarico per la De Capitani, dimissioni per la Cannariato.
Alla luce di quanto accaduto il rischio concreto è quello di un governo traballante, che rischia di cadere per delle donne che giocavano a chi avesse più potere ma che non lo hanno saputo maneggiare. Anzi, non hanno nemmeno saputo capire quale fosse il loro ruolo e lavoro.
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