La nuova rete ospedaliera in Sicilia. Meno posti letto, più proteste
Tagli, proteste, repliche. Attorno alla bozza della nuova rete ospedaliera siciliana si accende lo scontro politico e sociale. E mentre i territori contano i posti letto che potrebbero scomparire, il governo regionale accelera i tempi. Entro il 12 luglio, come da cronoprogramma, la Regione dovrebbe chiudere il piano e presentarlo al Ministero della Salute e al Mef. Il tutto con un obiettivo dichiarato: razionalizzare il sistema sanitario e adeguarlo alla nuova geografia demografica della Sicilia, che in dieci anni ha perso il 10% della popolazione.
L’assessora Faraoni: “Tutelati i diritti essenziali, tutto è migliorabile”
A difendere il piano è l’assessora regionale alla Salute, Daniela Faraoni. “Abbiamo messo dentro tutti i servizi essenziali, non abbiamo eliminato alcun presidio ospedaliero. È un lavoro ancora migliorabile, ma non è una controriforma”, afferma. Il progetto punta ad arricchire le sedi periferiche della rete e a valorizzare il day service e gli ospedali di comunità, riducendo i ricoveri e ottimizzando l’impiego delle risorse. Un’operazione che, secondo l’assessora, nasce da un percorso di confronto con sindaci, manager e professionisti sanitari.
Non tutte le strutture manterranno tutti i reparti. Le cure specialistiche saranno concentrate in poli di eccellenza, mentre i piccoli ospedali saranno riconvertiti in centri di prossimità, capaci di gestire le esigenze quotidiane e alleggerire la mobilità sanitaria. “Serve una rete compatibile con le esigenze dei cittadini, ma anche con i vincoli di bilancio”, spiega Faraoni, che definisce il nuovo impianto “una svolta di sistema”.
Le opposizioni: “Tagli punitivi dove non ci sono amici di partito”
Ma la mappa dei posti letto provoca reazioni infuocate. I più duri sono i Cinque Stelle. “Mentre Fratelli d’Italia si divide, Schifani approfitta per proporre una rete che segue logiche di spartizione politica in vista della sua ricandidatura”, attacca Nuccio Di Paola, vicepresidente dell’Ars e coordinatore regionale del M5S. Secondo Di Paola, il taglio dei letti colpisce in modo mirato territori dove “non ci sono amici di partito”, come Gela, mentre si salvano o si rafforzano ospedali “vicini a sponsor politici”, come quello di Paternò, città d’origine di Ignazio La Russa.
Più cauta ma altrettanto critica la posizione dell’Anci Sicilia, che chiede di sospendere la presentazione del piano e convocare urgentemente la Conferenza permanente per la programmazione sanitaria. “È necessario valutare l’impatto reale sui territori”, avverte l’associazione dei Comuni, sollecitando un confronto aperto con sindaci, parti sociali e rappresentanze locali.
Trapani, Castelvetrano, Gela: le voci dal territorio
Le polemiche non risparmiano Trapani: secondo il deputato regionale del Pd Dario Safina, nella nuova rete “spariscono 17 posti letto, di cui 12 in chirurgia, e si cancella il reparto di urologia oncologica”. A Castelvetrano si perderebbero altri 12 posti. “Una scelta incomprensibile”, afferma Safina, che accusa il governo regionale di “arretrare invece di investire”.
Anche Gela è sul piede di guerra. Proprio nella città nissena, il M5S ha tenuto una manifestazione contro il piano, che prevede il taglio di 367 posti letto in tutta l’Isola. “Il fronte alternativo, sceso in piazza il 15 giugno con la manifestazione #SanitàXTutti, deve farsi sentire con una proposta chiara e credibile”, ha dichiarato Di Paola.
Tomarchio (FI): “Nessuna chiusura, si potenziano le strutture territoriali”
A provare a gettare acqua sul fuoco è Salvo Tomarchio, esponente di Forza Italia. “Non è all’ordine del giorno nessuna chiusura totale di ospedali. Il piano tiene conto del crollo demografico e razionalizza una rete oggi inefficiente e costosa. Serve una sanità di prossimità, non grandi strutture vuote”, afferma. Per Tomarchio, “la vera sanità del futuro è fatta di case di comunità, piccoli ospedali efficienti e specializzazioni dove servono davvero”.
Il piano, assicura, resta aperto al confronto: “Difendere lo status quo o chiedere l’impossibile non è sostenibile. Questa riorganizzazione, se migliorata, può salvare il servizio sanitario”.
Liste d’attesa, l’altro fronte caldo
Parallelamente, esplode un altro fronte: quello delle liste d’attesa. Il governo Schifani promette di azzerarle in sei mesi grazie a turni straordinari dei medici. Ma il capogruppo M5S Antonio De Luca non ci sta: “Si torna al punto di partenza. Un anno fa Schifani aveva promesso di licenziare i manager se non avessero raggiunto gli obiettivi. Oggi non solo sono ancora lì, ma cambia completamente linea e annuncia una nuova strategia. È l’ennesima marcia indietro”.
De Luca rilancia una mozione che mira ad applicare una legge del 1998 che obbliga il sistema sanitario a garantire le prestazioni nei tempi prescritti, rimborsando i cittadini che si rivolgono al privato. “È l’unica vera svolta. Ma nessuno la applica”.
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