Siccità in Sicilia: tra crisi idrica, agricoltura al collasso e soluzioni rimandate
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L’estate 2025 si apre con un allarme che in Sicilia è ormai diventato una tragica consuetudine: la siccità. Dopo un inverno povero di precipitazioni e una primavera irregolare, la stagione calda ha fatto precipitare una crisi idrica già preannunciata. Ma quello che un tempo poteva essere definito un fenomeno eccezionale, oggi assume i contorni di un problema strutturale e sistemico. L’Isola si ritrova a fare i conti con invasi quasi vuoti, razionamenti d’acqua nei centri abitati, incendi alimentati da vegetazione secca e una filiera agricola in ginocchio. La questione non riguarda solo la scarsità d’acqua, ma una più ampia incapacità di adattamento climatico, una gestione obsoleta delle infrastrutture e un’incuria politica che ha abbandonato interi territori al loro destino.
Sostegno agli apicoltori
Tra i comparti colpiti più duramente dalla siccità è quello dell’apicoltura, da sempre sensibile alle variazioni climatiche. Il 2024 ha segnato un crollo nella produzione di miele, con perdite significative legate alla scarsità di fioriture, conseguenza diretta della mancanza d’acqua e delle alte temperature. In risposta, la Regione Sicilia ha dato il via libera al pagamento dei ristori agli apicoltori che hanno presentato richiesta, riconoscendo formalmente il danno subito.
L’Assessorato regionale dell’Agricoltura ha approvato 372 domande, tutte conformi ai requisiti stabiliti dal bando pubblicato a dicembre 2024, tra cui l’iscrizione all’anagrafe apistica nazionale. Il fondo complessivo, inizialmente fissato a 784 mila euro, è stato raddoppiato grazie a un’integrazione di bilancio, raggiungendo 1,5 milioni di euro. I contributi verranno erogati in base al numero di arnie possedute. «Il governo Schifani è al fianco degli apicoltori siciliani – ha dichiarato l’assessore Salvatore Barbagallo – abbiamo ritenuto doveroso aumentare le risorse, offrendo un sostegno reale a chi, con impegno e passione, tiene in vita un settore fondamentale per la biodiversità e la sicurezza alimentare».
Invasi in crisi e agricoltura a rischio
Nel cuore della crisi si trova l’agricoltura, vera vittima della siccità che sta devastando le campagne siciliane. Gli invasi artificiali, già ai minimi livelli dopo l’inverno, non sono riusciti a garantire l’acqua necessaria per affrontare la stagione irrigua. In particolare, la Sicilia occidentale – e la provincia di Trapani in primis – sta vivendo una situazione di estrema emergenza. Campi bruciati dal sole, colture compromesse, allevatori che non riescono a garantire nemmeno l’abbeveraggio per il bestiame: un quadro drammatico che mette in discussione la tenuta di interi comparti produttivi.
La carenza idrica sta infatti minando la redditività delle aziende, ma anche la loro stessa esistenza. In mancanza di soluzioni immediate, molti agricoltori sono costretti a ridurre drasticamente le superfici coltivate, o addirittura a lasciare i terreni incolti. Una tendenza che rischia di trasformarsi in un abbandono definitivo delle aree rurali, con gravi ripercussioni anche sull’assetto sociale ed economico del territorio.
Razionamenti idrici nei comuni
Non è solo l’agricoltura a pagare il prezzo della crisi. In numerosi comuni dell’Isola, l’acqua potabile è razionata da mesi. La distribuzione avviene a fasce orarie, spesso con interruzioni prolungate, che colpiscono famiglie, esercizi commerciali e strutture sanitarie. Una situazione che, oltre a sollevare evidenti problemi igienico-sanitari, mina la qualità della vita dei cittadini, già provati da estati sempre più torride.
L’acqua, risorsa primaria e diritto fondamentale, diventa così oggetto di disuguaglianze e malcontento. A peggiorare il quadro è la rete idrica, in molti casi obsoleta e colabrodo, che disperde una percentuale altissima dell’acqua disponibile prima ancora che arrivi alle utenze. In questo contesto, la mancanza di investimenti strutturali e di un piano organico di rinnovamento infrastrutturale è un vero paradosso.

Diga Trinità: il simbolo di una gestione fallimentare
Uno degli emblemi della crisi idrica siciliana è la Diga Trinità, situata nel territorio di Castelvetrano, che oggi contiene appena un milione di metri cubi d’acqua, ben lontano dai livelli minimi operativi. La struttura, realizzata più di settant’anni fa, è diventata oggetto di uno scontro tra esigenze diverse: da un lato gli agricoltori che chiedono l’erogazione dell’acqua per salvare almeno parte delle colture, dall’altro gli ambientalisti che mettono in guardia sui rischi strutturali e ambientali legati a un ulteriore svuotamento del bacino. L’associazione “Guardiani del Territorio” ha lanciato un appello forte: “Non aprite la diga”. Secondo i loro studi, la struttura in argilla rischia danni irreversibili, e la moria di fauna ittica potrebbe trasformare l’invaso in una palude insalubre. La loro proposta è chiara: fermare tutto, risarcire gli agricoltori danneggiati e avviare un piano serio di riqualificazione e pianificazione, anche attraverso misure come il reimpianto dei vigneti con fondi europei e l’attivazione della Misura 23 del PSR Sicilia.
Mobilitazioni degli agricoltori a Castelvetrano
La rabbia del mondo agricolo è esplosa con una serie di mobilitazioni spontanee, come quella tenutasi nei giorni scorsi a Castelvetrano, dove decine di agricoltori della Valle del Belìce hanno manifestato davanti alla sede del Consorzio di Bonifica. Il motivo? L’impossibilità di irrigare i campi a causa del blocco della stazione di pompaggio di contrada Zangara, ormai inservibile a causa dell’obsolescenza degli impianti e di atti vandalici che hanno compromesso i motori.
Il sindaco Giovanni Lentini ha partecipato alla protesta, sottolineando che non si tratta solo di una questione tecnica, ma di un problema sistemico: l’intero sistema di irrigazione è vecchio, inefficiente, non più all’altezza delle sfide climatiche del presente. L’appello alle istituzioni regionali è forte e chiaro: la gestione delle risorse idriche deve diventare la priorità assoluta.
Sindacati: serve una task force
Anche le organizzazioni sindacali – Cgil, Cisl e Uil – si sono unite al coro di proteste, chiedendo a gran voce l’istituzione immediata di una task force per affrontare l’emergenza siccità. I segretari generali provinciali e di categoria hanno denunciato una gestione fallimentare dell’acqua a uso irriguo, aggravata da decisioni incoerenti come lo svuotamento dell’invaso della Diga Trinità, che ha causato la perdita di milioni di metri cubi d’acqua finiti in mare.
Il danno economico è enorme: i vigneti e gli uliveti nelle campagne di Mazara del Vallo e Campobello sono destinati a seccarsi. Le aziende agricole chiudono, i lavoratori migrano verso altri settori o fuori regione, mentre le cantine sociali riducono drasticamente gli ammassi di uva. Si rischia la scomparsa di interi comparti produttivi, con una ricaduta devastante sul tessuto economico e sociale locale.
Dissalatori: una risposta parziale, non una soluzione
In risposta all’emergenza, il presidente Schifani ha annunciato una nuova accelerazione sugli impianti di dissalazione a Trapani, Gela e Porto Empedocle. Tuttavia, secondo molti operatori del settore, si tratta solo di una toppa provvisoria: il dissalamento non può garantire volumi adeguati per l’agricoltura e presenta costi energetici elevati. La richiesta che sale dai territori è ben diversa: un vero piano regionale di adattamento climatico, finanziato in parte anche con fondi nazionali ed europei.
La siccità non è più una semplice emergenza estiva. È un fenomeno cronico, legato al cambiamento climatico ma aggravato da scelte politiche miopi e assenza di pianificazione. Se non si affronta il problema con serietà, investimenti strutturali e visione strategica, la Sicilia rischia di perdere non solo raccolti e risorse, ma anche interi settori economici e una parte fondamentale della propria identità.
Le soluzioni esistono: manutenzione delle reti, riutilizzo delle acque reflue, innovazione tecnologica, riforestazione, educazione ambientale, gestione razionale degli invasi. Ma serve volontà politica. Serve coraggio. E serve adesso.
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