Trapani, la vicenda Palazzetto riaccende la memoria di Ettore Daidone
La recente disputa sulla gestione del Palazzetto dello Sport di Trapani – tornata di attualità dopo la contrapposizione fra il sindaco Giacomo Tranchida e l’imprenditore romano Valerio Antonini – ha riportato al centro del dibattito un tema che va oltre il semplice cambio di insegna: la memoria e l’identità sportiva della città.
Da anni, infatti, la struttura di Piazzale Ilio è al centro di un tira e molla nominale. Per tutti i trapanesi resta il “PalaIlio”, ma nelle ultime stagioni, complice l’arrivo di nuovi proprietari, si è passati al “PalaShark”, mentre il Comune lo ha intitolato ufficialmente a Ettore Daidone. Un nome che per molti giovani dice poco, ma che per chi ha vissuto la stagione d’oro della pallacanestro e dello sport a Trapani evoca passione, dedizione e una visione pionieristica.
Chi era Ettore Daidone
Nato a Trapani il 20 novembre 1938, Daidone è stato una figura chiave dello sport cittadino e nazionale. Vicepresidente della Federazione Italiana Pallacanestro negli anni Ottanta, dirigente appassionato, punto di riferimento per atleti e tecnici, è ricordato per aver portato la pallacanestro trapanese ai massimi livelli e per il suo impegno nel promuovere lo sport come veicolo educativo.
Lo raccontano bene le parole di Roald Lilli Vento, che lo definisce «un dirigente lungimirante, capace di guardare oltre il campo e di capire che lo sport poteva essere un volano sociale per Trapani». Peppe Vento ricorda invece il suo carattere diretto: «Con Ettore non c’erano mezze misure: o condividevi la sua visione o ne discutevi fino a convincerlo, ma sempre con rispetto reciproco».
Testimonianze come quella di Salvatore Castelli sottolineano il lato umano: «Era presente alle partite dei ragazzi come a quelle di serie A. Ti faceva sentire parte di una famiglia».
Un’eredità ancora viva
Intitolare il Palazzetto a Ettore Daidone non fu una scelta casuale: fu il riconoscimento di un’intera comunità sportiva a un uomo che aveva dedicato la vita allo sviluppo dello sport a Trapani, lasciando un segno indelebile anche nella Federazione nazionale.
Oggi, in mezzo alla bagarre politica e agli interessi commerciali, il rischio è che quel nome passi in secondo piano. Ma per chi lo conobbe e ne raccolse l’eredità, “PalaDaidone” non è un’etichetta: è un simbolo di orgoglio cittadino.
La città – e in particolare le sue giovani generazioni – potrebbe trarre beneficio dal ricordare che dietro un nome ci sono storie, volti e valori che meritano di essere conosciuti. In fondo, il dibattito sul Palazzetto è anche un’occasione per chiedersi quale identità sportiva Trapani voglia consegnare al futuro, al di là degli avventurieri, e dei nuovi arroganti padroni.
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