L'ennesima vicenda drammatica accaduta nei giorni scorsi nel Cpr di Trapani impone una riflessione su questo diritto fondamentale della persona (ne parliamo qui).
La Costituzione italiana, all’articolo 13, afferma: la libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria nei soli casi e modi previsti dalla legge.
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- In casi eccezionali di necessità e urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l’autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all’autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto.
- È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà. La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva.
Per delineare i contorni del caso dell’uomo — protagonista suo malgrado dell’aberrante fatto — è utile ricordare cosa siano i Cpr. Essi sono Centri di permanenza per il rimpatrio: luoghi di detenzione amministrativa dove vengono trattenuti cittadini stranieri irregolari, in attesa di essere rimpatriati.
L’attuale disciplina, introdotta con il d.l. 20/2023 (cd. decreto Cutro), ha aumentato da 30 a 45 giorni il termine massimo di proroga del trattenimento nei Cpr, applicabile alle persone migranti provenienti da Paesi con cui l’Italia ha sottoscritto accordi in materia di rimpatri.
Nel luglio 2024 è intervenuta la Corte costituzionale, con la sentenza n. 96, riaffermando che il trattenimento nei Cpr implica un “assoggettamento fisico all’altrui potere”, incidente sulla libertà personale. Inoltre ha stabilito che la disciplina vigente non rispetta la riserva di legge in materia di libertà personale: spetta al legislatore integrarla. Invece, la norma contestata affida questi aspetti a regolamenti e atti amministrativi discrezionali, persino variabili a seconda del territorio, risultando “del tutto inidonea a definire, in modo sufficientemente preciso, quali siano i diritti delle persone trattenute”.
Tutto ciò accade nella civile Italia, anno domini 2025, non nel Togo. E non si tratta di una storia isolata. Anche quando i migranti non hanno diritto a restare nello Stivale, come nel caso di specie, la Corte d’Appello di Palermo ha ricordato che “la libertà personale non può essere trattata come un dettaglio amministrativo”: la salute e la vita vengono prima di ogni altro fatto.
Fatevene una ragione voi che vi definite liberali — purtroppo a giorni alterni. Il padre di questo pensiero, John Locke, sostiene che la libertà è un diritto inalienabile, strettamente legato a vita e proprietà, che lo Stato deve proteggere. Per Locke, la libertà non è assoluta, ma limitata dalla legge di natura, che impone il rispetto dei diritti altrui. Lo Stato, nato da un contratto sociale, ha il compito di garantire questa libertà ed evitare l’arbitrio.
La privazione della libertà, dunque, può essere giustificata solo in casi eccezionali, quando è necessaria per preservare l’ordine e la sicurezza generale, e sempre nel rispetto della legge. È nella vostra facoltà determinare le condizioni, ma rispettate — con la legge — la libertà altrui. Sempre.
Vittorio Alfieri