Trapani Film Festival, il coraggio di restare e la "teoria della bellezza" di Pif
A Trapani spesso si gira: spot, fiction, qualche film che sceglie le saline o il centro storico come sfondo. Questa volta, però, non c’era una troupe di passaggio ma un festival che ha provato a trasformare la città in un set culturale vero. La terza edizione del Trapani Film Festival, dal 18 al 24 agosto, ha portato a Villa Margherita una settimana di cinema, musica, podcast e incontri: cinque lungometraggi, quattro documentari, diciassette cortometraggi, trenta ospiti. Un’arena all’aperto, riempita ogni sera da un pubblico che non si è limitato ad assistere, ma ha votato e partecipato.
I premi hanno disegnato la mappa di questa edizione.
Nero di Giovanni Esposito si è aggiudicato il riconoscimento come miglior film.
Miglior corto a Ya Hanaouni di Lyna Tadount e Sofian Chouaib,
miglior documentario a Through Their Eyes di Annabella Di Stefano.
La giuria popolare ha scelto Gli elefanti di *Antonio Maria Castaldo.
Miglior montaggio a Il re del panino di Giordano Toreti.
Miglior produzione a Lost Love di *Claudio Colomba.
Premi speciali anche a Sara Baccarini, miglior attrice per Artisti 7607, e a Stefano Fresi, per l’interpretazione in Il rumore di un miracolo di Sabina Pariante.
Il Premio speciale “Artista patrimonio del territorio” è andato a Pif (Pierfrancesco Diliberto, Palermo 1972), regista, autore e attore che ha fatto della memoria civile il suo marchio. Dal palco ha detto: «Se sono qui è perché voglio sposare la causa. Tutto ciò che smuove è un bene. Trapani è il che peccato per eccellenza, clamorosa nelle sue potenzialità e schiacciata dalla bellezza. Ho promesso che mi sarei candidato sindaco a settant’anni, quando non mi faranno più fare film. Ma la sfida è trasformare la bellezza da ostacolo a opportunità».
Il fondatore Francesco Torre, insieme a Michael C. Allen e al direttore artistico Lele Vannoli, ha messo la faccia anche quando non sono mancate polemiche. Torre, 31 anni, ha commentato: «È stato un festival complesso, al pari dei più rinomati appuntamenti internazionali. Il nostro intento è continuare a dare al territorio eventi unici nel loro genere».
E poi l’intervista a Pif, che più di tutti ha sintetizzato il senso del festival, trasformandolo in una riflessione sulla città.
Domanda. Il tuo legame con Trapani e la tua visione di questo festival? Pif. «Ho detto anni fa che mi sarei candidato sindaco a settant’anni, quando non mi faranno più fare film. Trapani è il che peccato per eccellenza, clamorosa nelle sue potenzialità e schiacciata dalla bellezza. Anche le parti brutte hanno qualcosa di esotico, di africano. Ma per cambiare ci vuole tempo, mentalità e cultura».
Domanda.Forse non vogliamo cambiare, vogliamo solo migliorare? Pif. «Io ho la teoria della bellezza. Ci assettiamo davanti all’arte e alla natura, e paradossalmente la bellezza non ti spinge a migliorare. Alla fine si dice: “Si vive bene”, e ci si accontenta».
Domanda.Quindi torni qui da turista? Pif. «La verità è che vivendo a Roma vivo la Sicilia come un turista: bella in vacanza, bella da studente, ma quando prendi le prime responsabilità della vita diventa un limite».
Parole dure e allo stesso tempo affettuose, che mettono a fuoco il nodo di Trapani: non basta avere la bellezza, bisogna saperla smuovere. E in questo senso il Trapani Film Festival – tra premi, giovani e partecipazione – prova a farlo.
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