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26/09/2025 06:00:00

Nino De Vita e il fantasma di Leonardo Sciascia

di Marco Marino

 

Da questa estate, ogni giorno, anche più volte al giorno, in momenti diversi della giornata, come una sorta di preghiera ricorrente, mi arrovello su una domanda: quando, a che età, si comincia a parlare con i fantasmi?

È qualcosa che mi preoccupa. Perché io, che adesso di anni ne ho ventinove, sento di averlo cominciato a fare, di avere cominciato a parlare con i miei fantasmi, famigliari con cui vorrei condividere un altro pranzo, amici con i quali avrei voluto parlare di più, persone che ho solo incrociato e che avrei tanto voluto per amiche. Ci parlo, durante il giorno, con questo conclave di anime, progetto incontri impossibili, discorsi che mi piacerebbe imbastire. Però, con i fantasmi, è tutto iniziale, qualsiasi cosa sento di trasmettergli è soltanto una proposta, un luogo che hanno caro che mi riprometto di visitare ma poi non ci vado; un libro che hanno scritto ma poi non leggo. Magari compro il biglietto del treno o il libro, ma poi li lascio lì, diserto la stazione o la lettura, non ho intenzione di onorarle. E allora mi sento di tradirli, i miei fantasmi, di non avere più il coraggio di ritrovarli. Eppure, loro tornano, e continuiamo questo quotidiano gioco di azioni e parole mancate.

Ecco, quando tornano, a me ritorna nel cuore quella domanda, quand’è che ho cominciato a parlare con i fantasmi, e poi mi chiedo che effetto hanno sulla mia vita. E soprattutto, loro, i fantasmi, come mi rispondono? 

Lascio questa domanda in sospeso, ma mi riprometto di rispondere prima che questo testo si chiuda. Intanto, voglio ringraziare Nino De Vita, perché col suo nuovo libro, che esce oggi e si intitola Noi ci ricorderemo. Vent’anni di amicizia con Leonardo Sciascia (Le Lettere, 18€), mi consola mostrandomi in che modo è possibile abitare, farsi spazio e sopravvivere al rapporto con i propri fantasmi. 

Mi perdonerete, allora, se in queste mie poche righe non riprenderò scrupolosamente i tanti aneddoti sciasciani che legano indissolubilmente la vicenda umana dell’autore di Racalmuto con il poeta di Cutusio, ma preferisco dedicarmi a un dettaglio minuscolo. Quello che più di tutti mi fa sentire queste pagine prossime, mie, nostre. 

Parto da qui. Nino De Vita racconta che il primo momento a tu per tu con Leonardo Sciascia lo ebbe dandogli un passaggio in macchina nell’interminabile traffico palermitano. De Vita prova a cominciare un discorso, Sciascia risponde a monosillabi. In mezzo, silenzio. E in quel silenzio, accogliente, si trova l’inizio della loro amicizia. 

È molto interessante notare come queste risposte silenziose di Sciascia continueranno. Non perché i loro incontri non fossero loquaci, tutt’altro, il libro è pieno di appassionanti dialoghi. Però, ci sono dei momenti in cui Sciascia, davanti al suo amico, preferisce stare in silenzio. Non rispondere. Lasciare che l’altro intuisca, capisca, legga più in profondità. Quando gli chiede della misteriosa scrittrice Angelina Lanza, che in Nottempo casa per casa di Vincenzo Consolo incontra il fantomatico esoterista Alexander Crowley. Oppure quando insistentemente gli domanda un parere su Danilo Dolci e sul suo coraggio nell’affrontare il potere mafioso siciliano. Dall’altra parte, solo silenzio, lascia perdere, Nino, gli dice. 

Sembra suggerirci, il personaggio di Sciascia nei racconti di Noi ci ricorderemo, che non ci sono parole per tutto e non ci sono parole per tutti. Ma a capirlo davvero, ad abitare i nostri non detti, le nostre omissioni, le nostre mancate rivelazioni, sono i nostri affetti più cari. Quelli con cui non pesa affatto stare vicini, essere presenti e basta. 

Per questo mi consolano le pagine di De Vita, perché mi permettono di comprendere il linguaggio dei fantasmi: una sintassi di ricordi e di emozioni che non hanno più voce, non possono (o forse non vogliono) dirmi quello che io non riesco a intuire da solo. Non vogliono mettere bocca alle indagini della mia vita (è bello vedere nel libro il personaggio di De Vita che cerca, con il talento di un raffinatissimo detective letterario, di capire cosa c’era dietro un silenzio sciasciano e spesso, in solitudine, nella sua impresa riesce). Adesso a una domanda abbiamo risposto.

A questo punto, finisco con l’altra, a che età si comincia, che dopo questa lettura mi fa meno paura. Possiamo rispondere così: quando Sciascia muore, nel 1989, Nino aveva trentanove anni. Ma in realtà, in questa domanda, non importa il quando, ma il perché, e soprattutto il chi. Nino De Vita insegna che ci sono silenzi e silenzi, fantasmi e fantasmi. E il traffico di Palermo è sempre interminabile.