La sicurezza a Palermo. Le zone rosse non bastano. "Una città che implode"
Palermo vive un’emergenza che va oltre la cronaca nera. La violenza che esplode per le strade — nelle periferie come nel centro storico — è solo il sintomo di una città che implode. Dopo l’omicidio di Paolo Taormina, il ragazzo ucciso con un colpo di pistola alla testa davanti al suo locale nel centro del capoluogo siciliano, sono state istituite tre zone rosse, previsti più controlli e fondi per telecamere. Ma non basta. Il dramma è diverso.
Lo spiega bene la giornalista Stefania Petyx, che da anni racconta Palermo e le sue contraddizioni: «Le periferie della città — dice — sono il conto che stiamo pagando dopo anni di errori. Quartieri come lo Zen non hanno mai avuto una piazza, un luogo di aggregazione, una forma di integrazione reale. Quando cresci nel degrado e nella bruttezza, è quasi naturale che nasca rabbia».
Una rabbia che oggi si riversa nel cuore della città, in un processo che la Petyx definisce “un’implosione”: Palermo non cresce, ma collassa su sé stessa. «Le altre città si espandono verso le periferie. Palermo no: implode. Attorno al centro si è formata una corona di quartieri popolari che ora ci ha invasi. E questo è il risultato di decenni di politiche miopi, incapaci di programmare il futuro».
Il problema, insomma, non è solo di ordine pubblico. È strutturale, sociale, culturale. La giornalista sottolinea come a Palermo restino “solo quelli a sussidio”, mentre i giovani che studiano e si formano vanno via: «È una questione matematica: chi può, scappa; chi resta, spesso vive di assistenza. E quando in un quartiere manca tutto — scuole, cultura, bellezza — non si può che produrre rabbia e disagio».
Eppure, mentre i quartieri chiedono risposte, la politica continua a navigare a vista. «A Palermo abbiamo la politica dell’emergenza — dice Petyx —, non quella della programmazione. Si festeggia per uno svincolo aperto dopo quarant’anni, ma nessuno si chiede perché siamo arrivati a quel punto».
Oggi la violenza si mostra, si filma, si diffonde sui social. Anche la criminalità ha cambiato linguaggio: «Siamo cresciuti con il mito della mafia invisibile, che non si faceva notare. Adesso c’è la mafia su TikTok: armi, doppiaggi dei boss, confessioni pubbliche di reati. Tutto in diretta. È una cosa che per la nostra generazione è disturbante — commenta Petyx —, come se la realtà non avesse più confini tra il lecito e l’illegale».
E mentre si moltiplicano i casi e i video di violenza, il rischio è che l’indignazione duri quanto un post. «Questa tragedia che stiamo vivendo — conclude — non può finire nel dimenticatoio tra un mese. O si comincia a portare cultura e bellezza nei quartieri popolari, o continueremo a produrre solo altra rabbia».
La riflessione è chiara: le zone rosse non servono, se a mancare è la cultura. Palermo — conclude Petyx — non ha bisogno di più pattuglie, ma di più bellezza, educazione e visione. Parole che trovano riscontro nei fatti. Nonostante i controlli rafforzati, un nuovo episodio di violenza si è verificato nella notte tra sabato 25 e domenica 26 ottobre, proprio in una delle zone rosse istituite dopo l’omicidio di Paolo Taormina, avvenuto il 12 ottobre.
Un uomo di 35 anni è stato accoltellato in via Chiavettieri, a pochi passi dalla Vucciria. È stato colpito al braccio e al collo al culmine di una lite con un coetaneo. Soccorso dal 118, è stato trasportato all’ospedale Villa Sofia, dove non è in gravi condizioni. La polizia ha individuato il responsabile, un 19enne con piccoli precedenti, denunciato dopo l’aggressione. Gli investigatori stanno acquisendo le immagini delle telecamere della zona per ricostruire l’accaduto. Per il sindaco Roberto Lagalla «il rischio zero non esiste. Le zone rosse e il potenziamento dei controlli sono misure necessarie, ma serviranno altri uomini per presidiare Palermo». «Il presidio non basta. Per contrastare la violenza giovanile bisogna agire anche sulla scuola, sulla famiglia e sulle comunità di appartenenza». A Palermo, insomma, la repressione da sola non basta più, e la sicurezza non si costruisce con la paura, ma con la speranza e l’educazione.
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