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17/11/2025 02:00:00

Inchiesta appalti: il segretario della DC Sicilia: "Un partito non si può fermare"

In Sicilia continua a far discutere l’inchiesta che vede coinvolto l’ex presidente della Democrazia Cristiana, Salvatore Cuffaro, che si è dimesso dalla guida del partito dopo essere stato iscritto nel registro degli indagati nell’ambito di un presunto comitato d’affari capace di orientare appalti e concorsi pubblici. E mentre il caso scuote il mondo politico isolano, interviene il segretario regionale della Dc, Stefano Cirillo, che affida a una lunga nota la posizione ufficiale del partito.

«Si sta diffondendo – scrive Cirillo – una lettura distorta e pericolosa, secondo cui un intero partito possa essere etichettato come sistema criminale solo sulla base del clamore mediatico. È un’affermazione grave e contraria ai principi della nostra Costituzione».

 

Per il segretario regionale, il dibattito attorno all’indagine rischia di travolgere anche chi nulla ha a che fare con le contestazioni giudiziarie. «Le responsabilità penali – ricorda – sono sempre personali. Non si trasmettono per contagio, non ricadono automaticamente sulle comunità che un partito rappresenta e non possono diventare sospetto collettivo».

 

Cirillo difende la base del partito, sottolineando come un marchio infamante rivolto alla Dc «finisce per colpire anche le migliaia di persone che vivono la politica come servizio: amministratori, dirigenti, militanti, giovani, famiglie che dedicano tempo ed energie al bene comune». Dentro il partito, insiste, «ci sono percorsi limpidi, storie di legalità, persone che hanno scelto di servire le istituzioni senza cercare privilegi».

 

Secondo Cirillo, mettere sullo stesso piano queste esperienze con condotte individuali oggetto di indagini significa «perdere il senso della partecipazione civile, uno dei cardini della Repubblica».

E in chiusura ribadisce: «In una democrazia si rispettano i cittadini, il loro voto e le istituzioni. La Democrazia Cristiana continuerà a difendere i valori costituzionali e la dignità dell’impegno politico. Perché un partito – conclude – non si può arrestare».