×
 
 
27/11/2025 12:53:00

Processo Bulgarella–Messina, Di Girolamo condannato a 200 euro

Si è concluso al Tribunale di Lamezia Terme il processo per diffamazione che vedeva imputati il giornalista e scrittore Giacomo Di Girolamo, direttore di Tp24, e il compianto imprenditore Andrea Bulgarella, sulla base della querela presentata dall’architetto trapanese Alberto Messina. Il giudice ha condannato Di Girolamo al pagamento di 200 euro di multa: una pena minima, molto distante dai 6.000 euro richiesti dalla Procura e dalle pretese economiche della parte civile.

 

L’origine della vicenda

 

La storia risale a diversi anni fa, quando Andrea Bulgarella — noto imprenditore trapanese, poi scomparso — decise di raccontare pubblicamente il clima della Trapani degli anni Ottanta e Novanta: gli appalti, le pressioni, le tensioni con la politica locale, e le sue denunce rimaste spesso senza risposta. Bulgarella affidò parte del suo racconto al giornalista Di Girolamo, che ne raccolse la testimonianza in interviste, articoli e nel libro La partita truccata.

Di Girolamo ricostruì quel contesto storico utilizzando documenti, atti e verifiche, come fa da quasi trent’anni nella sua attività professionale. Nell’ambito di quel racconto venne citato anche il nome dell’architetto Alberto Messina, in relazione ad alcuni rapporti e cointeressenze dell’epoca.

Messina ritenne quelle ricostruzioni diffamatorie e decise di sporgere querela, nel suo pieno diritto. Si aprì così un processo penale che Andrea Bulgarella non ha potuto vedere concludersi.

 

Il processo e la sentenza


Il giudice ha condannato Di Girolamo a una sanzione pecuniaria di 200 euro. Nessuna condanna accessoria, nessuna somma risarcitoria, né pene interdittive.

“È una decisione che, nei fatti, riconosce la mia buona fede e l’assenza di qualsiasi intento diffamatorio — commenta Di Girolamo —. Non ho mai attribuito all’architetto Messina qualità che non aveva, né ho mai usato espressioni infamanti. Ho raccontato una storia vera, complessa, verificata. Se qualcuno si è sentito ferito, me ne dispiace sinceramente”.

Una differenza significativa separa la sentenza dalla richiesta dell’accusa: la Procura aveva chiesto una condanna a 6.000 euro di multa, oltre alle richieste economiche della parte civile. Il giudice ha invece applicato la pena minima prevista.

 

Le motivazioni e il ruolo della libertà di stampa

 

Adesso si attendono le motivazioni, che il giornalista leggerà insieme al suo legale, l’avvocato Valerio Vartolo, che lo ha assistito durante tutto il procedimento. “Lo ringrazio per la competenza, la perizia e la lucidità con cui mi ha affiancato”, commenta Di Girolamo.

Il caso riapre anche una riflessione più ampia sulla condizione del giornalismo in Italia. Negli ultimi anni, il numero di querele e azioni civili rivolte contro cronisti e testate — spesso per fatti, ricostruzioni o atti pubblici — è cresciuto in modo costante.

“Questo processo — spiega Di Girolamo — dimostra quanto sia difficile oggi esercitare il diritto di cronaca e di ricostruzione storica senza ritrovarsi in tribunale. Ma raccontare i fatti, anche quando sono scomodi, resta un dovere. E continuerò a farlo, con scrupolo, serietà e rispetto per la verità”.

Una testimonianza concreta di quanto il tema sia attuale arriva dallo stesso Di Girolamo: “Proprio oggi – dice – vado a ritirare una nuova querela. Un’altra è arrivata via PEC”.

Un segnale, dice il direttore di Tp24, di quanto il giornalismo italiano abbia sempre più bisogno di tutela reale, non solo formale.

 

Una pagina che si chiude, un’altra che si apre

 

Con questa sentenza si chiude un capitolo iniziato molti anni fa, legato alle memorie di Andrea Bulgarella e alle sue denunce rimaste in larga parte inascoltate. Un pezzo di storia della Trapani degli anni Ottanta e Novanta che continua a interrogare il presente — e che, anche attraverso questo processo, riafferma quanto sia complesso il rapporto tra memoria, verità e responsabilità pubblica.

Di Girolamo, da parte sua, guarda avanti: “Continuerò a fare il mio lavoro. Con la stessa scrupolosità e lo stesso rispetto dei fatti che ho sempre avuto. Perché il giornalismo serve proprio a questo: a raccontare ciò che accade. Anche quando può costare fatica, tempo o, come in questo caso, l’aula di un tribunale”.