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26/08/2025 06:00:00

Safina: "Futuro? Una destra aggressiva. Ma Trapani non è un giocattolo"

 Dario Safina, a Trapani c’è una novità politica: Futuro, il movimento di Valerio Antonini. Lei è sembrato contrariato dalla nascita di questo soggetto politico. Eppure i movimenti civici dovrebbero aggiungere, non tolgono nulla a chi già c’è. Cosa teme?


Non sono affatto contrariato dalla nascita del movimento politico di Antonini. Tuttavia, è evidente che siamo distanti, sia per i contenuti che esprime, sia per il linguaggio aggressivo e per il poco rispetto che dimostra nei confronti delle istituzioni. Non mi convincono la scarsa trasparenza di alcuni passaggi, né l’approssimazione con cui affronta temi complessi. Parla, ad esempio, della gestione dell’acqua come se non esistesse l’Ati, dei rifiuti come se non esistesse la SRR, della pulizia del mare come se fosse competenza del Comune. Un’impostazione che tradisce un approccio superficiale e che, a mio avviso, delinea una piattaforma politica chiaramente di destra: nulla di più lontano dalla mia storia e dal progetto che rappresento. Detto ciò, auspico che in una città come Trapani possano emergere più gruppi dirigenti, capaci di confrontarsi e di offrire una visione di futuro. Purché lo facciano in modo trasparente, senza conflitti di interesse e con l’obiettivo di perseguire davvero il bene comune. Oggi, invece, ciò che vedo nel movimento di Antonini è una volontà di demolire ciò che esiste, più che costruire, spinta piuttosto da obiettivi personali che non hanno nulla a che fare con la trasparenza che deve caratterizzare l’azione pubblica. Se questo movimento saprà cambiare registro, ponendosi su un piano di confronto serio e democratico, allora ben venga la possibilità di arricchire il dibattito politico cittadino. Ma è chiaro che, sul merito delle questioni, restiamo su fronti opposti. Come Partito Democratico e come coalizione che governa Trapani, lavoriamo per l’interesse collettivo, pur sapendo che governare è un’esperienza a termine: vanno riconosciuti i risultati ottenuti, ma anche i limiti e gli errori, dai quali partire per rilanciare. Ma la risposta ai problemi di Trapani non è certo quella che propone Antonini con il suo movimento.

 

Lei ha fatto un post molto chiaro e quasi si assisteva ad un dissing tra lei e l’imprenditore Valerio Antonini. Le ha lanciato una sfida: andrete tutti a casa, quindi vi batterà con il voto. Il vostro è un sistema ben corroborato: Valderice, Erice, poi Trapani. Ditela la verità, un po’ il terreno frana adesso, no?


Da parte mia non c’è alcun intento di dissing né volontà di alimentare scontri verbali: non appartiene al mio costume personale e politico. Io mi confronto sempre e soltanto sul merito delle questioni. Ho posto un tema che considero fondamentale per chiunque voglia fondare un nuovo movimento: il profilo etico e morale che esso intende assumere. Ritengo si tratti di una domanda legittima, centrale in politica. Se Antonini non ha interpretato in questo senso il mio intervento e ha preferito attaccare a testa bassa, disconoscendo la storia di uomini e donne che in questa città e in questo territorio hanno dedicato decenni di impegno civile e politico, se ne assumerà la responsabilità. Vorrei ricordargli che abbiamo attraversato stagioni ben più difficili, confrontandoci con personalità politiche di ben altra levatura, e siamo ancora qui a lavorare con coerenza e passione per il territorio. Non sarà dunque certo Antonini a preoccuparci: non ci crolla nulla addosso. Noi ci confrontiamo quotidianamente con il consenso, rimanendo rispettosi di ciò che i cittadini decideranno nelle urne, a qualsiasi livello. Non disponiamo di apparati né di sistemi consolidati: abbiamo una comunità politica che, alla luce dei nostri valori e delle nostre convinzioni sociali, culturali ed economiche, si impegna ogni giorno per il bene del territorio. Ciò che siamo è noto a tutti: trasparenti, leali, coerenti nelle scelte. Non pretendiamo di piacere a chiunque, perché chi cerca di piacere a tutti finisce per non scegliere mai. Noi, invece, compiamo scelte chiare, di campo, sempre nel rispetto delle istituzioni e della Costituzione. Non abbiamo bisogno di richiamare l’azione del Prefetto, che ringrazio per l’impegno profuso. Antonini potrà alzare i toni quanto desidera, ma da parte mia troverà soltanto la volontà ferma di discutere sui temi che attengono al governo della città. Mi auguro, piuttosto, che approfondisca le competenze del Comune, della Regione e degli enti come ATI e SRR, così da consentire ai cittadini di esprimere un giudizio libero e informato su chi dovrà guidare questa città che lui dice di amare. Oggi, devo essere sincero, non vedo in lui un amore autentico per la città, ma piuttosto la strumentalizzazione di vicende sportive per finalità politiche. È su questo che, credo, i cittadini dovranno riflettere

 

Torniamo a quel famoso finanziamento regionale di 300 mila euro dato al Trapani Calcio. Lo abbiamo analizzato su Tp24 nei giorni scorsi. Lei firmò quell’emendamento? Si ricorda quali colleghi di maggioranza lo proposero? Non dica di non saperlo… non renderebbe merito al lavoro fatto in ARS.


Voglio sgombrare il campo da ogni equivoco: io non ho firmato quell’emendamento e, come tutto il Partito Democratico, ho votato contro quelle variazioni di bilancio. Lo dissi subito, anche pubblicamente, intervenendo dagli schermi della televisione di Antonini: si trattava di un errore. La strada corretta sarebbe stata quella di istituire un fondo per le sponsorizzazioni, destinato a tutte le società sportive, professionistiche e non, così da avviare un vero progetto di promozione territoriale, sul modello di quanto già accade in regioni come Trentino o Sardegna, dove la sponsorizzazione sportiva viene utilizzata per veicolare temi e valori individuati dai governi regionali. Quello approvato dall’Ars, invece, è stato un provvedimento raffazzonato, frutto dell’arroganza politica del presidente Schifani. Fu lui a proporlo, senza ombra di dubbio, salvo poi tentare di scaricare la responsabilità sull’onorevole Stefano Pellegrino. Ma chi era presente in Aula in quei giorni sa benissimo come andarono le cose. Oggi è legge, e come tale va rispettata. Tuttavia, ritengo doveroso un chiarimento: chiederò all’assessorato competente di verificare le modalità con cui verranno rendicontati i fondi, non solo i 300 mila euro in questione ma anche l’intera cifra di 1,8 milioni destinata alle società sportive. Intendo sapere, ad esempio, se davvero si possa considerare spesa rendicontabile un viaggio in aereo o quale possa essere la reale valenza turistica di una trasferta in un comune dell’entroterra siciliano, con tutto il rispetto per questi territori. Voglio che l’assessorato risponda espressamente sul valore promozionale di tali risorse, perché quei fondi avrebbero potuto essere investiti in un progetto di marketing territoriale molto più incisivo e strutturato. Sia chiaro: non sono contrario all’utilizzo dello sport come strumento di promozione della Sicilia, anzi lo considero un’opportunità. Ma sono fermamente contrario allo spreco di denaro pubblico per interventi che non producono alcun reale beneficio né in termini di marketing né in termini di sviluppo per la nostra regione.

 

Antonini ha commentato il suo post di sabato tirando in ballo Andreana Patti. Ha riscontri?


Eventuali riscontri non vanno richiesti a me, ma semmai ad Andreana Patti. Se Antonini ha fatto questa affermazione, sarà sicuramente fondata, ma in ogni caso non comprendo quale legame vi sia tra il profilo da me sollevato e l’eventuale incarico svolto dalla professionista. Da quanto capisco, peraltro, tale attività è stata prestata quando la Patti non rivestiva più il ruolo di assessora al Comune di Trapani. Dunque, come spesso accade, Antonini, da buon presidente di società sportiva, preferisce spostare l’attenzione e “buttare la palla in tribuna” per evitare di discutere nel merito delle questioni che ho posto. In ogni caso, non intravedo alcuna criticità se una professionista stimata e competente come Andreana Patti ha ricevuto un incarico sulla base di una normativa che prevedeva finanziamenti specifici e ha fornito assistenza nella presentazione di un’istanza. Se questo è l’episodio cui Antonini fa riferimento, non ci vedo davvero nulla di che.

 

Lei ha provato a fare da mediatore per la questione Palashark. Ad oggi però è tutto fermo e c’è il rischio concreto che la città perda una fetta importante di visibilità e di circuito economico. Come si risolve?


Confermo ciò che ho detto e fatto nelle scorse settimane perché ho sempre tenuto ben distinte le questioni amministrative che attengono alla gestione del Pala Daidone, del Palazzetto o del Pala Shark come lo si voglia chiamare lo si chiami. Per quanto l’intitolazione a Ettore Daidone deve fare onore a tutta la città e alla comunità sportiva trapanese. È evidente che ci troviamo di fronte a questioni giuridiche complesse, ma era necessario dare un indirizzo chiaro: l’obiettivo deve essere quello di rispettare la volontà dell’amministrazione comunale, che intende garantire la permanenza del basket a Trapani, e al tempo stesso quella dell’imprenditore Valerio Antonini, che ha più volte dichiarato di voler rimanere in città. Confermo la bontà delle cose che ho detto e che erano state condivise anche da Antonini, salvo poi cambiare posizione, probabilmente comprendendo che quell’accordo non avrebbe consentito di alimentare la protesta contro l’attuale l’amministrazione comunale. Ribadisco che la nostra volontà è chiara: i tifosi trapanesi devono poter continuare a godere dello spettacolo offerto dalla Trapani Shark, con la speranza di vivere nuove e importanti vittorie. Ci opporremo, però, a ogni tentativo di strumentalizzazione, perché il progetto sportivo non deve trasformarsi in progetto politico finalizzato a interessi privati, che restano ben distinti da quelli pubblici. Sono ancora fiducioso che la questione possa trovare soluzione, ma questo sarà possibile solo se vi sarà correttezza anche da parte di Antonini, che dovrà distinguere con chiarezza i suoi ruoli. In tal caso, sono convinto che gli uffici competenti sapranno come procedere, valutando con la dovuta attenzione anche le osservazioni dei suoi tecnici. A mio avviso, comunque, alcune cose della convenzione andranno modificate.

 

Safina, si faccia fare una considerazione davvero ovvia: avete accolto Antonini come il nuovo Messia, l’uomo che avrebbe dato una svolta alla città di Trapani. Gli è stata data anche la cittadinanza onoraria. Dopo pochi mesi, è diventato il cattivo della storia. Qualcuno ha sbagliato la valutazione, o prima o dopo. E mica si amministra così, però…


È noto che io non sia un credente e quindi non credo in figure salvifiche o messianiche. Credo piuttosto nel ruolo e nell’impegno che gli uomini sanno mettere in campo per favorire lo sviluppo della società. Non ho mai avuto un rapporto di subalternità con il presidente Antonini. Al contrario, gli ho sempre riconosciuto – e continuo a farlo – una certa lungimiranza in ambito sportivo. L’idea di creare una polisportiva calcio-basket è un progetto che, soprattutto al Sud, può funzionare e rendere più solide le società coinvolte. Avevo anche proposto – e lo ribadisco – che una strada interessante sarebbe stata quella di aprire il progetto all’azionariato popolare, sul modello di Barcellona o del Real Madrid, naturalmente con le dovute proporzioni, così da garantire maggiore stabilità e radicamento. Da un punto di vista sportivo, quindi, non ho mai messo in discussione il suo valore. Certo, la vicenda delle penalizzazioni rappresenta una criticità che mette in difficoltà la realtà sportiva. Il presidente si è detto truffato, ma le norme sono chiare e su queste si deve basare ogni valutazione. Anche in questo caso, purtroppo, si è preferito alimentare la polemica piuttosto che fornire risposte puntuali. Io spero che si possa giungere a una soluzione e che Antonini riesca a dimostrare le proprie ragioni. Se qualcuno ha sbagliato, non sta a me dirlo. Se c’è chi ha voluto credere nella buona fede di un uomo che dichiarava di voler fare tanto per Trapani, è comprensibile. Ma ciò non può essere motivo di critica verso altri: le responsabilità, semmai, ricadono soprattutto su Antonini, che ha pensato che l’accoglienza ricevuta gli consentisse di dire e fare qualunque cosa, anche a scapito del rispetto delle regole e delle istituzioni. Ecco, questo è il punto: ammesso e non concesso che vi siano stati errori di valutazione da parte di qualcuno, Antonini non è comunque giustificato. Nessuno è autorizzato ad andare oltre le regole della correttezza e della continenza, né tantomeno a mettere sotto attacco le istituzioni come se nulla fosse.